Il nucleare è una fonte green? All'Unione europea l'ardua sentenza. Bruxelles ha deciso di traccheggiare fino al 21 gennaio, ma intanto in un Paese «energivoro» come l'Italia le bollette lievitano e le aziende chiudono perché il costo del gas è praticamente quintuplicato (da 21 euro per mille kilowatt a 120 euro). L'authority Arera che stabilisce i prezzi in bolletta l'ha detto forte e chiaro: per il prossimo trimestre l'energia aumenterà del 55%, il gas del 41,8% anche per chi ha un contratto «tutelato», figurarsi per gli altri. È vero che il governo ha stanziato quasi 4 miliardi di bonus bolletta per il 2022, assieme alla possibilità di rateizzare le bollette fino a 10 mesi. Ma se la Cina continuasse a fare man bassa di gas a qualsiasi prezzo e se a Mosca farà ancora più freddo lo spettro del «lockdown energetico» ipotizzato da un esperto qualche settimana sul Giornale potrebbe materializzarsi. Alla faccia di bonus, Pil e Pnrr.
Sulla cosiddetta «tassonomia green» l'Europa è divisa: da una parte ci sono Germania, Austria e altri paesi nell'orbita di Berlino, che ieri ha fatto la voce grossa: «Nucleare? Per noi è no», ha scritto la portavoce della rappresentanza tedesca a Bruxelles Susanne Körber, fugando i residui dubbi sul balletto di dichiarazioni del neo governo tedesco, ostaggio dei Verdi. Se n'è parlato anche nell'incontro del ministro degli Esteri green Annalena Baerbock con suo omologo italiano Luigi Di Maio. Chernobyl uccise il nucleare in Italia, la tragedia di Fukushima del 2011 ha spinto la Germania a smantellare le sue centrali: tre sono state già chiuse, altre tre lo saranno a fine 2022. Ma Berlino ha il «suo» gasdotto North Stream che la tiene al sicuro, il cui raddoppio è al centro del delicato risiko tra Russia (principale produttore di gas naturale mondiale) e Ucraina. Per ammissione della stessa Baerbock «se per l'escalation il progetto North Stream 2 saltasse per noi cambierebbe poco».
Ma quando si spegnerà tutto l'atomo tedesco per l'Italia saranno guai. Finora una parte del nucleare tedesco (e soprattutto francese) è servito ad accendere la luce nel 15% delle case italiane. Dall'altro lato infatti ci sono l'Italia e la Francia, che ha promesso 8 miliardi per sterilizzare gli aumenti in bolletta. Per il ministro dell'Economia e delle Finanze d'Oltralpe Bruno Le Maire l'atomo è a emissioni zero, quindi è green. Sulla stessa linea anche il nostro ministro per la Transizione energetica Roberto Cingolani, anche se M5s e Pd spingono per il no. Resta il problema degli approvvigionamenti e degli stoccaggi, oggi ampiamente sotto il livello di guardia. In conferenza stampa il premier Mario Draghi, che ha chiesto al Consiglio europeo di ragionare con altri Paesi su «stoccaggi comuni e acquisti comuni per gruppi di paesi».
Senza nucleare peraltro dovremo dire addio anche alle auto elettriche. Le famose «rinnovabili» che piacciono alla sinistra, come solare ed eolico, non ce la farebbero mai a colmare il gap energetico, né tanto meno a farci raggiungere l'obiettivo zero emissioni nel 2050. «Senza il nucleare è impossibile», ammette il commissario europeo al Mercato unico, Thierry Breton. Ma intanto l'Italia - come anticipato dal Giornale - ha riacceso le centrali a carbone, ad oggi la fonte più conveniente per non chiudere tutto e morire di freddo. E altrove va anche peggio.
Negli Usa le emissioni di gas serra l'anno appena passato sono cresciute del 6,2% dopo il calo record del 10% nel 2020. L'elettricità prodotta dal carbone nel mondo è aumentata del 9%, così come la domanda di coke, prevista a 8.025 milioni di tonnellate ogni anno in media da qui al 2024. Ma non ditelo a Greta Thunberg.
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