«Irritata». Così viene descritta la premier Giorgia Meloni, via anonime fonti di Palazzo Chigi citate dalle agenzie.
Ad irritarla, spiegano, sarebbe stata la nomina di Giuliano Amato a presidente del Comitato per studiare l'impatto dell'intelligenza artificiale nei media, annunciata il 18 ottobre dal sottosegretario all'Editoria Alberto Barachini. L'irritazione meloniana viene poi un po' smorzata: non riguarderebbe il nome di Amato (che pure aveva suscitato numerose ironie, un po' per l'età e un po' per inaffondabilità del personaggio), ma il fatto di essere stata «tenuta all'oscuro» della scelta. E comunque non dovrebbe avere conseguenze sulla nomina
Solo pochi mesi fa avevano fatto rumore le dimissioni dello stesso Amato dal comitato, istituito dal ministro leghista Roberto Calderoli, che dovrebbe definire gli standard minimi di servizio pubblico in vista della cosiddetta Autonomia differenziata. Insieme a lui avevano sbattuto la porta, e firmato una lettera pubblica assai pungente, altri tre nomi pesanti dell'establishment storicamente vicino alla sinistra: l'ex ministro Franco Bassanini, l'ex presidente della Corte costituzionale Franco Gallo, l'ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno. La fuga dei cervelli era stata variamente interpretata, tirando in ballo la politica e addirittura il Colle. Ma sta di fatto che anche il ministro del Carroccio, dovendo selezionare teste d'uovo per agevolare la sua riforma, si era ritrovato a pescare ampiamente nel serbatoio (latu sensu) della sinistra. A cominciare dal presidente del Comitato, principe degli amministrativisti italiani e giudice emerito della Consulta, Sabino Cassese. Giurista di chiara fama e considerato così bipartisan da essere stato più volte indicato come possibile candidato alla presidenza della Repubblica (sia pur per finta) da sinistra - Bersani - che da destra - Salvini.
«Il problema è che la destra, tanto più nella sua versione meloniana, è molto carente di cosiddette riserve della Repubblica, grandi vecchi o grand commis», ragiona un civil servant di alto rango che ha collaborato con diversi governi. «Ai tempi di Silvio Berlusconi c'era Gianni Letta a tessere la tela dei rapporti con l'establishment. Un ruolo che finora manca nel governo Meloni». Curiosamente, uno dei «vivai» da cui la nuova maggioranza di destra sembra incline ad attingere per avere consulenze e apporti politico-istituzionali di livello è quello che un tempo faceva riferimento a Massimo D'Alema. Da Marco Minniti a Luciano Violante a Andrea Manciulli (passando per lo stesso Amato, che insieme a D'Alema aveva dato vita alla famosa Fondazione ItalianiEuropei), le eccellenze di sinistra che la premier di destra ha scelto come consiglieri di alto rango arrivano da lì. E oggi fanno capo a quel crocevia di potere, expertise e relazioni internazionali che passa per la Fondazione Leonardo (ex Finmeccanica)-Civiltà delle Macchine di cui Violante è presidente - ma è anche presidente, a titolo onorario, del Comitato per gli anniversari nazionali istituito dal governo, e si torna a parlare di lui come possibile giudice della Consulta.
Mentre Minniti (consulente ombra di Meloni sull'immigrazione) guida la collegata Fondazione Med Or, di cui l'ex parlamentare Ds esperto di Difesa Manciulli è direttore delle relazioni internazionali. Mentre Pietrangelo Buttafuoco, considerato intellettuale di punta della destra meloniana e candidato alla guida della Biennale, è direttore della omonima rivista.
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