
Stop alla correzione degli acconti Irpef nel decreto sulla Pubblica amministrazione all'esame della Camera. Colpa di una mancata copertura, è l'ipotesi più probabile. L'emendamento della Lega firmato dal presidente della commissione Bilancio della Camera Alberto Gusmeroli è stato dichiarato inammissibile al vaglio delle commissioni Affari costituzionali e Lavoro.
Tutto era nato dopo la denuncia della Cgil secondo cui a causa di una mancata riforma gli acconti Irpef di quest'anno dovranno essere pagati in base alle vecchie quattro aliquote e non in base alle attuali tre. Banalmente sarebbe bastata l'abrogazione della disposizione del decreto 216/2023 che recita testualmente: «Per l'anno d'imposta 2024, al fine di determinare gli acconti Irpef 2025 e 2026 relativi ai periodi d'imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata secondo gli scaglioni e le aliquote Irpef (23%, 25%, 35% e 43%) e la detrazione per redditi di lavoro dipendente vigenti al 31 dicembre 2023 (1.880 euro)»
Lo scorso 25 marzo il governo aveva annunciato «un intervento per via normativa» per rimediare al pasticcio degli acconti da approvare «in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento». Secondo i calcoli e le simulazioni del Mef, la misura vale circa 250 milioni. L'appello di Cgil e Caf al ministro Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo per «intervenire con la massima urgenza» era stato accolto dalla Lega e da Forza Italia, che aveva presentato un emendamento gemello, fiduciosa con la responsabile del dipartimento Lavoro di Forza Italia e capogruppo azzurra in commissione Lavoro Chiara Tenerini che l'approvazione della modifica sarebbe avvenuta in tempi rapidi.
A questo punto, con la mancata ammissibilità di questo emendamento, sembra necessaria la correzione già promessa dal ministero dell'Economia, altrimenti il rischio è quello di penalizzare lavoratori dipendenti e pensionati», come si leggeva nel testo dell'emendamento Gusmeroli bocciato che chiedeva «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge» di calcolare gli acconti Irpef per il 2025 «sulla base dei dati reddituali e di imposta riferiti all'anno solare 2024».
La polemica rinforza le opposizioni, che accusano il governo proprio mentre si lavora alle stime da inserire nel nuovo Def, il primo momento di verifica dell'anno sull'andamento dei conti pubblici.
Nel documento, atteso alle Camere entro il 10 aprile, saranno aggiornate - come annunciato nelle scorse settimane dallo stesso Giorgetti - le previsioni sulla crescita, che per quest'anno sembra orientata a fermarsi sotto l'1%, ovvero almeno un paio di decimali in meno rispetto al +1,2% fissato a settembre nel Piano strutturale di bilancio; e nei dintorni dell'1% nel 2026 e 2027, a fronte rispettivamente del +1,1% e +0,8%.
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