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Non c'è gara in Emilia. De Pascale apre a Meloni

Il candidato dem stacca la Ugolini di 16 punti: "Incontro la premier, serve un cambio di passo"

Non c'è gara in Emilia. De Pascale apre a Meloni
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nostro inviato a Bologna

C'è un accenno di recupero, rispetto al tracollo delle Europee. Ma oltre non si va e già nel primo pomeriggio si capisce quel che già si sapeva attraverso i sondaggi: il centrodestra non sfonda in Emilia- Romagna, regione che gioca in un campionato a parte, con la Toscana e non segue il trend del resto d'Italia. Dodici punti di distacco, quindici, sedici, la forbice si allarga a favore di Michele de Pascale, sindaco uscente di Ravenna, Pd dell'ultima generazione ma legato alla nomenklatura di un partito che qui ha fatto la storia. Elena Ugolini. la professoressa di Cl che ha guidato una coalizione a trazione civica, guadagna qualcosa rispetto al meno diciotto per cento delle Europee ma non si sposta mai in corsia di sorpasso.

Nulla è cambiato rispetto al copione già visto altre volte, se non l'affluenza sempre più bassa, sprofondata ad un mortificante 46,4 per cento. Un campanello d'allarme per tutti, certo lo forzo dei moderati non ha intercettato gli scontenti, i delusi, gli arrabbiati che si sono rifugiati in massa nell'astensione.

C'erano state nelle scorse settimane le polemiche furibonde sull'alluvione, anzi le alluvioni che hanno squassato una terra dinamica e ricca, finita invece nel fango. L'Emilia-Romagna aveva scoperto di essere vulnerabile e il confronto con il Veneto, capace di fronteggiare gli eventi estremi, aveva messo in crisi i vecchi equilibri, fin qui intoccabili.

E poi c'erano state le dimissioni prima del tempo del governatore Stefano Bonaccini, catapultato verso l'Europa, e prima ancora quelle di Elly Schlein, chiamata al Nazareno al timone del Pd.

Un terremoto dopo l'altro, una sequenza di scossoni, un colpo e un altro ancora. E invece il paesaggio è ancora lo stesso. Il fortilizio resta imprendibile e si possono fare tutte le analisi possibili, ma c'è una zona d'Italia che sembra impermeabile alle dinamiche nazionali. E nemmeno le suggestioni di un modello, sganciato dai partiti, che occhieggiava a quello leggendario e vincente del bolognese Guazzaloca, sono servite. Forse, Ugolini è partita troppo tardi e non ha avuto il tempo per farsi conoscere, per scardinare reti di potere e far saltare assuefazione e pregiudizi.

Di sicuro, de Pascale vince facile, ringrazia Bonaccini e Schlein che arrivano al quartier generale del candidato fra gli applausi, poi prova a voltare pagina: «Basta speculazioni sull'alluvione. Siamo una terra ferita. Si inizi a lavorare con spirito istituzionale. Spero di incontrare presto Meloni, serve fare insieme un cambio di passo».

Meloni può dirsi soddisfatta per il buon risultato, 24 per cento, di FdI. Schlein invece festeggia una vittoria «emozionante. Il segno di dove possiamo arrivare quando siamo uniti». E in effetti è un successo del campo largo in formato extralarge, con tutti dentro. Da Renzi alla sinistra radicale. Ma il Pd da solo raggiunge un clamoroso 42 per cento, ottenendo un risultato d'altri tempi. E i 5 Stelle, superati pure dalla lista de Pascale, crollano ad un misero 3 per cento.

«Quando mi sono candidata - sottolinea dall'altra parte Ugolini - mi avevano tutti sconsigliato perché sapevano che era una sfida molto

difficile. C'erano 18 punti di distacco. In questi mesi ho incontrato migliaia di persone e ho iniziato a costruire una realtà nuova. Il nostro percorso non finisce, ma inizia oggi». All'opposizione, in Consiglio regionale.

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