A parte l'azzardo dell'esecutivo britannico che prima di ricredersi in corsa voleva puntare sull'immunità di gregge, di questa forma di protezione indiretta che si verifica quando la malattia è stata superata creando anticorpi da una parte significativa della popolazione, si è detto molto in tempi di Covid. Però ora sorgono seri dubbi sulla sua efficacia per arginare l'epidemia. Se ne parla in uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, condotto dagli esperti del Centro nazionale di epidemiologia presso l'Istituto sanitario spagnolo Carlos III. Proprio in Spagna, uno dei paesi europei più colpiti, è stato accertato che la sieroprevalenza per Covid19a è pari al 5 per cento, un risultato ancora troppo lontano dalla sperata immunità di gregge necessaria per rallentare la diffusione del virus. Inoltre non è stata raggiunta nessuna certezza sulla possibilità o meno per i contagiati di contrarre nuovamente l'infezione.
Gli studiosi hanno valutato l'estensione dell'epidemia analizzando i dati relativi a più di 61mila persone. «Le indagini sierologiche - spiega Marina Pollàn, del Centro nazionale di epidemiologia - rappresentano uno strumento prezioso, vista la forte presenza di casi asintomatici e lo scarso accesso ai test diagnostici». Considerando l'intervallo di tempo compreso tra il 27 aprile e l'11 maggio, il team ha selezionato un campione casuale di 35.883 famiglie per un totale di 61.075 partecipanti ai quali è stato somministrato un questionario e un test anticorpale. «Alcuni volontari - precisa la ricercatrice - hanno donato campioni di sangue per il test immunologico. Nonostante il forte impatto di Covid in Spagna, le stime di prevalenza rimangono basse e sono insufficienti a garantire l'immunità di gregge. I risultati mostrano infatti una sieroprevalenza del 5 per cento, secondo i dati del test anticorpale e del 4,6 per cento stando alle informazioni raccolte con il test immunologico». Sono state evidenziate variabilità geografiche e differenze poco significative tra maschi e femmine. Nei bambini di età inferiore a 10 anni, invece, i test hanno indicato una sieroprevalenza molto più bassa. «Secondo la nostra analisi - spiega la Pollàn - la maggior parte della popolazione spagnola è attualmente sieronegativa all'infezione, anche considerando le aree più a rischio. La maggior parte dei casi sembra avere anticorpi rilevabili». I risultati confermano l'importanza di mantenere le misure di contenimento per evitare nuove ondate. Indispensabili, per gli autori, le misure di distanza sociale e gli sforzi per isolare i nuovi casi e i loro contatti.
Sull'importanza di tracciare rapidamente i contatti si sofferma un altro studio, pubblicato su Pnas, secondo il quale per fermare la trasmissione silenziosa del Covid occorre intercettare e isolare almeno un terzo dei pazienti asintomatici o paucisintomatici. La chiave per bloccare sul nascere i focolai è proprio la capacità di individuare queste infezioni «silenziose». Non basta isolare tutti i pazienti sintomatici: per ridurre il tasso di «attacco» al di sotto dell'1 per cento serve individuare rapidamente, tracciando i contatti, anche chi non mostra sintomi evidenti. «Nel nostro studio - spiega il team di Alison P. Galvani, della Yale School of Public Health di New Haven - abbiamo valutato il contributo della trasmissione presintomatica e asintomatica sulla base di recenti dati relativi all'infettività prima dell'insorgenza dei sintomi e all'incidenza degli asintomatici tra tutti gli infettati.
Abbiamo scoperto così che la maggior parte dell'incidenza può essere attribuibile alla trasmissione silenziosa del virus». Di conseguenza anche se tutti i casi sintomatici venissero rilevati ed isolati, potrebbero comunque manifestarsi dei focolai.
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