Cade un'altra testa in Vaticano. Uno degli uomini-chiave del processo di riforma della curia voluta da Papa Francesco, il cardinale Peter Turkson, a capo del super dicastero per lo Sviluppo umano integrale, avrebbe rassegnato le dimissioni. Il dicastero, una sorta di ministero Vaticano del Welfare, accorpa in sé la sezione sui migranti, lo sviluppo sostenibile e il green, la carità e l'emergenza Covid. Pedina importante, dunque, nel ricoprire alcuni dei temi più delicati del pontificato bergogliano.
La decisione di Turkson di rassegnare le dimissioni è stata riportata dal blog conservatore messainlatino che indica, tra i motivi, i cattivi rapporti con il cardinale Czerny, responsabile della sezione migranti del medesimo dicastero. Un prefetto ombra, insomma, «stufo» (riferiscono fonti vaticane) dei continui dissidi interni al superdicastero da lui guidato. Secondo altre fonti la decisione arriva su «invito» di Papa Francesco che chiede una pulizia interna al dicastero dovuta a problemi di governance interna. Il prefetto, 73enne ghanese (dunque a due anni dall'età pensionabile), avrebbe già comunicato le sue dimissioni anche se resterà in carica fino al 31 dicembre per l'ordinaria amministrazione. E proprio nei giorni in cui la voce rimbalza - senza trovare conferme ufficiali ma nemmeno smentite - il porporato invia su Twitter gli auguri al Papa, nel giorno del suo 85esimo compleanno, confermando la sua fedeltà al Successore di Pietro: «È una benedizione per me servire la Chiesa sotto la Sua guida. Che Dio benedica Lei e il Suo ministero!», scrive sui social Turkson.
Le dimissioni arrivano come conseguenza di una situazione che si trascina da mesi, in seguito all'ispezione del cardinale Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago, che da giugno guida un team di tre ispettori chiamati a valutare le attività del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. È stato il Pontefice argentino a nominare i membri del maxi-dicastero, da tempo sotto gli occhi dei riflettori per le sue dimensioni mastodontiche; troppo per i gusti del Papa che, dunque, avrebbe indicato la via dell'ispezione suggerendo un'operazione di pulizia e spending review nel superdicastero, in linea con la sua idea di una Curia sempre più snella. A giugno già la terza ispezione in pochi mesi chiesta da Francesco che, dopo la riforma, voleva andare a fondo per valutare organizzazione e lavoro di ciascun dicastero.
Con Turkson, quindi, il Dicastero perde un'altra pedina importante, la principale, dopo il ritiro - ufficialmente con il compimento del 70esimo anno di età a luglio scorso del segretario, padre Bruno Duffé, e del segretario aggiunto, padre Augusto Zampini che si era dimesso a fine agosto. Vertici dunque azzerati con l'uscita del cardinale ghanese, da molti indicato come papabile nel Conclave dopo la rinuncia di Ratzinger. Cinque i sottosegretari: suor Alessandra Smerilli, che è diventata segretario, monsignor Segundo Tejado Munoz, padre Nicola Riccardi, oltre ai due sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati, il cardinale Michael Czerny e padre Fabio Baggio. Turkson riveste l'incarico dal 31 agosto del 2016. Ma la sua carriera in Curia è ben più lunga: creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2003, nel 2009 Benedetto XVI lo nomina presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. L'uscita di scena del porporato africano apre la nomination sul possibile sostituto.
E già alcuni osservatori danno per «papabile» il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento. Papa Francesco gli avrebbe chiesto di trasferirsi a Roma, senza tuttavia indicargli al momento l'incarico che vorrebbe affidargli.
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