Presidente Renato Schifani il 15 luglio a Roma vi attende il Consiglio nazionale. Quali le priorità da affrontare?
«Innanzitutto il rispetto delle procedure che Antonio Tajani sta portando avanti con grande e condiviso rigore. E con trasparenza. E poi la linea politica, che comunque si conferma coerente in queste ultime settimane con quella del presidente Berlusconi.
Il 15 eleggerete Tajani nuovo presidente pro tempore (fino al congresso)?
«Non vi è dubbio. Antonio, per la sua storia (tra l'altro cofondatore del partito nel '94), per la sua autorevolezza anche in Europa, e per il ruolo di coordinatore al quale negli ultimi anni lo ha destinato lo stesso Berlusconi, è il candidato naturale al ruolo. Per quanto mi riguarda non vedo altre ipotesi anche se in democrazia le regole sono sacre e saranno rispettate».
Dalla morte del presidente a oggi tutti i dirigenti azzurri, a una sola voce, hanno rivendicato l'unità del partito. Niente correnti? Niente contrasti?
«Per quanto mi riguarda e per quanto posso vedere, è proprio così. E anche per quanto riguarda la regione che rappresento e che guido. Innanzitutto è la prima volta che siamo chiamati a decisioni collettive. Finora ci siamo sempre riconosciuti nel nostro leader al quale abbiamo rispettosamente riconosciuto l'ultima parola. Ed è stato sempre un bene. Oggi siamo chiamati a un cambio di passo. Ed è ovvio che ora le sensibilità differenti possono emergere di più. Però siamo chiamati alla responsabilità di garantire la continuità e a darci degli obiettivi».
Qual è l'obiettivo primario?
«L'unità, direi. Che non significa appiattimento sul monopensiero. Ma confrontarsi per poi trovare la sintesi».
Tratto distintivo proprio della leadership berlusconiana.
«Ho imparato molto dal presidente negli anni in cui ero capogruppo al Senato. Lui ci ha insegnato l'arte dell'ascolto. È stato un grande maestro per me. Mi ha insegnato ad ascoltare tutti, per poi fermarsi a riflettere e quindi decidere».
Il vuoto che Berlusconi lascia è incolmabile?
«Certamente. Proprio per questo oggi è fondamentale confermare una linea politica di valori che Silvio Berlusconi ha affidato a Forza Italia. Penso anche che dobbiamo fare nostra la sua capacità di resistenza di fronte alle difficoltà e alle aggressioni che ha subito da certa magistratura. Oggi la storia di Berlusconi non è la storia di un uomo solo al comando, bensì quella di un uomo che ha fatto la storia del Paese con le sue idee, con la battaglia per la separazione delle carriere in magistratura, con Pratica di Mare (accordo Nato-Russia del 2002, ndr), con l'europeismo».
La tenuta di governo e coalizione non sono messi in discussione da FI. Nel futuro è immaginabile un cambio di rotta?
«Non credo. La guida fin qui ufficiosa (e che il 15 diverrà ufficiale) di Tajani ha dato prova di massima coerenza. Ho letto e apprezzato le sue dichiarazioni che hanno tenuto il punto sugli obiettivi strategici di Forza Italia e del governo».
Ultima domanda sul Sud. Storicamente grande bacino di voti azzurri.
Chiederà maggiore visibilità?«Non si tratta di rivendicare qualcosa per il Sud. Semplicemente di chiedere che il Paese non vada a due velocità. D'altronde i temi del Sud sono già presenti nel documento che si discuterà il 15».
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