Non era complice di Pacciani Ma per il Gip resta un sospettato

Non era complice di Pacciani Ma per il Gip resta un sospettato

Assolto con sentenza passata in giudicato, per i giudici resta comunque un potenziale colpevole.

Il marchio dell'infamia Francesco Calamandrei se lo porta appresso pure da morto. Con tanto di timbro della magistratura. L'ex farmacista di San Casciano, stroncato da un infarto nel 2012, era rimasto coinvolto nell'inchiesta sui delitti del Mostro di Firenze. Ma sebbene sia uscito pulito dal processo, non merita alcun risarcimento per una fiction che lo descrive come ipotetico responsabile di quelle vicende, poiché ancora ritenuto possibile committente delle barbare esecuzioni. Fatti e misfatti radicati negli otto duplici omicidi che tra il 1968 ed il 1985 hanno per teatro le campagne fiorentine: nel 2005 i pm Paolo Canessa e Alessandro Crini iscrivono Calamandrei nel registro degli indagati. Lo accusano di concorso in omicidio con Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Lo indicano come mandante di quattro assassinii e gli contestano di aver pagato Pacciani per ottenere pezzi dei cadaveri delle donne uccise. Nel 2008, in coda al giudizio con rito abbreviato, il gup lo assolve. E la pronuncia diventa definitiva.

Innocente, dunque. Ma non per la magistratura che lo ha dichiarato tale. Prima di morire l'uomo querela per diffamazione la società che ha prodotto Il Mostro di Firenze, film tv andato in onda nel 2009: il provvedimento che lo dichiara estraneo al giro dei compagni di merenda c'è già stato, ma sul piccolo schermo il suo ruolo viene ricostruito con tratti colpevolisti. Nel giugno del 2016, però, i produttori vengono assolti. Per le ragioni insite nelle motivazioni pubblicate solo qualche giorno fa: Calamandrei, scrive il giudice Lisa Gatto, «è persona ancor oggi sospettabile di essere tra i soggetti ispiratori di diversi duplici omicidi, nonostante l'incontrovertibile verdetto assolutorio». Insomma, sospetto in eterno. «Tutto questo è atroce. Che giustizia è? Sono parole inaccettabili», commenta Francesca, figlia del defunto farmacista.

Se ne riparlerà in appello, con l'avvocato Gabriele Zanobini già incaricato di procedere.

«Lo faccio per i miei figli», spiega Francesca Calamandrei: «Pensavamo di aver chiuso il cerchio con l'assoluzione. Poi è arrivato il film. E loro si sentono ancora chiamare i nipoti del Mostro di Firenze. E mi chiedono: perché?». Già. Perché?

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