"Non mi dimetto". Il filorusso Petrocelli s'incolla alla poltrona

Il senatore, cacciato da Conte dal M5s per il suo tweet filorusso, non intende lasciare la poltrona di presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama

"Non mi dimetto". Il filorusso Petrocelli s'incolla alla poltrona

"La rimozione forzata dalla mia carica sarebbe un segnale tremendo per la democrazia parlamentare di questo paese". Vito Petrocelli, sentito dall'Agi, commenta così la possibilità di dover lasciare la poltrona di presidente della Commissione Esteri del Senato.

Domani, infatti, la giunta per il regolamento di Palazzo Madama si dovrebbe riunire domani alle 16 per valutare la richiesta dei senatori di maggioranza della Commissione di estrometterlo dalla presidenza. Petrocelli, ormai noto per le sue posizioni filo-Putin, critica nuovamente "questo governo interventista" e sottolinea come alcuni "sondaggi inequivocabili" dimostrino che "la stragrande maggioranza degli italiani non voglia l'invio delle armi all'Ucraina". Ma non solo. Gli italiani non vogliono neppure "considerare la Russia come un nemico" e tantomeno desiderano "una guerra apocalittica". Petrocelli, dunque, ribadisce: "Non mi dimetto perchè sento di rappresentare la nostra Costituzione, la volontà della maggioranza degli italiani che non hanno più partiti che la rappresentino in Parlamento e perchè onorerò fino all'ultimo giorno gli impegni per la pace e il dialogo internazionale". Impegni che l'ormai ex grillino dice di aver preso con gli elettori sin dal 2018, quando è stato eletto tra le fila del M5S. Petrocelli non solo si incolla alla sedia, ma promette di fare di tutto, in qualità di presidente della Commissione affari esteri, affinché "il governo venga a riferire in Parlamento su quali armi sta inviando in Ucraina e su che tipo di impegno militare ha già intrapreso il nostro paese".

Petrocelli, infine, non si pente assolutamente per il tweet scritto in occasione della festa della Liberazione, parola che lui ha scritto con la Z maiuscola, con un chiaro richiamo alla zeta delle truppe russe che stanno invadendo l'Ucraina. "Ho profondo rispetto del 25 aprile, una data che ha segnato tutta la mia esperienza politica fin da giovane", chiarisce inizialmente. E, poi, parte con l'affondo: "Vederla trasformata in una operazione di marketing bellico con bandiere Nato e slogan dei neo-nazisti ucraini rappresenta una vergogna incancellabile per chi lo ha permesso". Petrocelli spiega di voler continuare a festeggiare il 25 aprile"come il giorno della liberazione dal nazi-fascismo, non come il suo sdoganamento". Il suo tweet era, dunque, solo "una provocazione" che serviva a "sollevare la questione con forza" e a mettere in guardia da chi sta permettendo tale sdoganamento "in Italia e nel resto dell'Europa" con "effetti devastanti che peseranno per molti anni a venire". Petrocelli critica l'Europa per il suo immobilismo e soprattutto l'Italia per aver preso "le stesse posizioni del governo di estrema destra polacco piuttosto che quelle più moderate di Francia e Germania". Petrocelli rivendica il suo voto contrario all'invio di armi a Kiev che ci ha reso un Paese "belligerante contro la Russia" e seguire " la strategia folle" di chi vede la Russia come "un bersaglio militare" ci sta portando "alla belligeranza piena". Secondo l'ex grillino, l'Europa deve sedersi al tavolo delle trattative per "difendere la sovranità e indipendenza dell'Ucraina" e "bloccare l'escalation apocalittica che gli Stati Uniti hanno cercato e imposto". Petrocelli teme lo scoppio imminente della terza guerra mondiale e, perciò, chiede all'Europa di smettere di armare l'Ucraina, ma spendersi per "fermare questa follia".

Da presidente delle commissione Esteri ha preso contatti con i suoi omolghi rurchi, russi e ucraini per organizzare "un incontro che metta al centro la ripresa delle trattative" e creare "quei ponti di pace che oggi sembrano tabù". "Paradossalmente, parlare di pace oggi in Italia è diventato eversivo e pericoloso", chiosa Petrocelli.

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