"Non reagì per 30 secondi". Hostess, processo da rifare

Annullata l'assoluzione per violenza sessuale. Ma il difensore dell'uomo: "Servirà il notaio per flirtare"

Barbara D'Astolto
Barbara D'Astolto
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Dovrà essere celebrato un nuovo processo d'Appello sulla presunta violenza sessuale denunciata da Barbara D'Astolto (nella foto), all'epoca dei fatti hostess con base a Malpensa. La Cassazione ieri ha annullato con rinvio l'assoluzione dell'ex sindacalista della Cisl Raffaele Meola. La Terza sezione della Suprema corte, accogliendo la richiesta del sostituto pg di Cassazione Fulvio Baldi, ha disposto un processo d'Appello bis che si terrà a Milano. Meola era stato assolto sia dal Tribunale di Busto Arsizio sia, una prima volta lo scorso 24 giugno, dalla Corte d'appello milanese. In Cassazione si è arrivati su ricorso del sostituto pg di Milano Angelo Renna. «La giustizia si è fatta attendere, ma ne è valsa la pena - dichiara Barbara D'Astolto -. In questo modo è stata fatta giustizia. Sono contenta, non me lo aspettavo. Ringrazio le persone che mi hanno dato la forza di andare avanti: le testimoni, la mia avvocata Teresa Manenti e l'associazione Differenza Donna».

Così invece l'avvocato Ivano Chiesa, che difende l'imputato: «È una sentenza preoccupante. Quella può considerarsi una violenza sessuale? Per approcciare una donna ora bisognerà portarsi un notaio. Sono senza parole come cittadino, sono basito». L'assoluzione dell'ex sindacalista aveva suscitato molte polemiche. La Prima sezione penale della corte d'Appello milanese aveva tra l'altro motivato che la condotta di Meola, 48 anni, «non ha (senz'altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale», cioè quei «20-30 secondi» riferiti dalla stessa donna durante i quali lei non ha reagito alle azioni del sindacalista cui, nel 2018, si era rivolta per un parere su una controversia lavorativa. Un tempo, continuano i giudici, che «le avrebbe consentito anche di potersi dileguare». La battaglia della 48enne è stata portata avanti dall'associazione Differenza Donna. «La Cassazione - sottolinea l'avvocato Manente - ha così ribadito ancora una volta che gli atti sessuali senza il consenso della donna sono reati. Il consenso deve essere libero ed inequivoco, così come sancito dalla Convenzione di Istanbul che è parte integrante del nostro ordinamento in linea con l'articolo 117 della nostra Costituzione».

Più che sui «30 secondi» prima di dire «no», la vicenda giudiziaria sembra incentrarsi appunto sul nodo del consenso-dissenso e sulle più recenti pronunce della stessa corte di Cassazione. La sentenza di assoluzione di primo grado dichiarava: «Nessun dubbio sulla valenza sessuale degli atti compiuti dal Meola, consistiti in baci sul collo, toccamento del seno e mani sul fondoschiena per tirare l'elastico degli slip della D'Astolto, che gli provocarono un'evidente erezione». Tuttavia «carenti risultano gli elementi della violenza, della minaccia o dell'abuso di autorità» nel costringere la donna «a compiere o a subire atti sessuali». Elementi che per il Codice penale sono necessari per integrare il reato di violenza sessuale (articolo 609 bis).

L'orientamento più recente nei casi di violenza sessuale, va però detto, sulla base delle norme internazionali e di alcune sentenze della Suprema corte è che «nei reati contro la libertà sessuale il dissenso è sempre presunto, salva prova contraria». E che il consenso deve essere sempre esplicito, pur da un linguaggio non verbale (pronuncia della Cassazione numero 19599 del 10.05.2023).

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