«Ormai non mi indigno neanche più». È quasi sconsolato Nino Benvenuti. Lui, uno dei sopravvissuti all'esodo istriano-giuliano-dalmata, all'età di 83 anni non pensava di dover ancora indossare i guantoni per rispondere a boutade come quella del professor Tomaso Montanari sulle foibe.
Cosa pensa delle critiche di Montanari al Giorno del Ricordo?
«Alla mia età ne ho viste talmente tante che non mi meraviglio più di niente. Montanari parla per luoghi comuni, arroccato nell'ignoranza dei fatti e nel più bigotto negazionismo. La mia gente ha sofferto. Troppo. E non saranno certo le sue parole a cambiare la storia».
Crede che sia corretto fare un parallelismo tra Foibe e Shoah?
«Non sono uno storico ma non credo che a simili tragedie si possa dare un peso e una misura. Un eccidio è un eccidio, non mi metto a contare le vittime».
Secondo lei, Montanari dovrebbe dimettersi dal suo ruolo?
«Non conta quello che penso io. Mi chiedo invece se sia corretto che un educatore, uno che dovrebbe formare i ragazzi al rispetto, alla non violenza e alla verità storica, approfitti del suo ruolo per fare affermazioni simili. Non ho idea di quali siano stati i criteri che lo hanno portato a ricoprire quella carica; ma chi lo ha nominato o eletto dovrebbe farsi un esame di coscienza, abbandonare ogni ipocrisia, e fare un passo indietro».
Perché una certa parte politica fatica ancora a riconoscere la tragedia delle Foibe?
«Per fortuna, è una minima parte quella ancora arroccata su posizioni negazioniste. L'istituzione della Giornata del Ricordo ha allargato le coscienze e aperto il sipario su anni di oscurantismo e negazionismo. Ma non etichettiamo le foibe come una questione di destra o di sinistra. Le persone infoibate, torturate, gli stuprate, le oltre 350 mila persone che sono state cacciate dalla loro terra tra cui io erano italiani e la loro unica colpa era di essere italiani».
Cosa prova nel sapere che, ancora oggi, dopo tanti anni, non esiste una memoria condivisa riguardo alle Foibe?
«Basta davvero il Giorno del Ricordo per dare il giusto risalto a un evento così tragico? Non esiste perché non c'è un'informazione adeguata. Non basta istituire la Giornata del Ricordo, Bisognerebbe alzare l'asticella. Inserire questo passaggio storico sui libri di storia. Fare una divulgazione corretta ai ragazzi. Aprire un dialogo, un confronto con le nuove generazioni. (E qui esistono due volumi, un saggio e un fumetto, che Nino Benvenuti ha scritto insieme a Mauro Grimaldi: L'isola che non c'è edizioni Eraclea e il libro illustrato Il mio esodo dall'Istria edizioni Ferrogallico, ndr)».
Quell'esperienza come ha cambiato il corso della sua vita?
«Sono istriano e ne sono orgoglioso. Il mio popolo, la mia gente è sparsa nel mondo ma esiste grazie alla sua tenacia, alla sua dignità che ha sempre conservato in qualsiasi momento. Sono rimasto aggrappato con le unghie e con i denti alla mia terra, finché ho potuto, anche dopo che la mia famiglia si è trasferita a Trieste. Solo di fronte alle minacce dei titini, nel 1954, sono stato obbligato ad andarmene via.
Ma quei primi 16 anni della mia vita, quelli che ho vissuto tra mille difficoltà, perseguitato dalle prepotenze e dalle violenze degli slavi, dai soprusi verso gli italiani, sono stati la mia vera formazione, come uomo e come atleta. Nelle mie vittorie c'era anche quella rabbia che mi portavo dentro, anche se sono sempre salito sul ring da Italiano e i valori forti che mi hanno aiutato a sopravvivere in un mondo in cui tutto girava al contrario».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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