"Non sono atti riservati. Legittima la diffusione"

Il pm: "Le relazioni del Dap non sono segrete. Un sottosegretario può parlarne coi deputati"

"Non sono atti riservati. Legittima la diffusione"

«La prego, non mi faccia parlare di Alfredo Cospito, è una materia complessa e dobbiamo avere rispetto di chi se ne occupa». Il consigliere togato del Csm uscente Sebastiano Ardita è pronto a tornare a Catania da magistrato, dopo l'esperienza a Palazzo de' Marescialli. Al telefono insistiamo perché assieme si ragioni sul Dap, organismo che lui ha diretto per 9 difficilissimi anni, e adesso finito nella bufera dopo le rivelazioni in aula del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e prima ancora di Giovanni Donzelli. Il contenuto di quel rapporto era secretato o era riservato, come dice l'esponente Fdi? «Il contenuto non mi pare segreto, se parliamo delle relazioni della polizia penitenziaria sui rapporti tra Cospito e altri detenuti mafiosi. Si tratta di atti su cui si può basare la scelta del ministro di mantenere o revocare il regime», spiega il magistrato antimafia, quando parliamo del contenuto di quel rapporto Dap, degli incontri del detenuto con mafiosi e 'ndranghetisti. «Ho sentito parlare di intercettazioni e di documenti riservati, ma non è affatto così. Non si tratta di notizie di reato ma di atti che il ministero può e deve utilizzare e rendere pubblici se intende mantenere il 41bis. Deve farlo inserendoli in un eventuale provvedimento di proroga del regime o di rigetto della richiesta di revoca comunicandolo all'interessato, e può farne oggetto di comunicazione pubblica per spiegare ai cittadini quale sia la ragione della sua scelta di politica criminale».

E quindi?

«Il sottosegretario alla Giustizia ne dispone legittimamente e non vedo perché non possa comunicarne il contenuto ad un membro del Parlamento, se è vero che può e deve diffonderlo al diretto interessato ed alla pubblica opinione».

Ma esistono precedenti?

«Certamente. Nel passato i ministri della Giustizia innumerevoli volte hanno fatto utilizzo di queste note e ne hanno fatto anche oggetto di comunicazioni pubbliche. È capitato a proposito di Riina, Bagarella, Santapaola e molti altri boss. Si può discutere sul modo, ma non rilevo nessuna illegittima rivelazione nella circolazione istituzionale di queste notizie».

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«Se la critica riguarda la mancata revoca del regime, occorrerebbe però anche ricordare che a decidere questa misura è stata l'allora ministro Marta Cartabia, nel precedente governo, che appariva decisamente garantista sulle tematiche carcerarie».

E adesso cosa accadrà?

«Il 41bis è una misura fortemente simbolica della intransigenza dello Stato rispetto a un fenomeno criminale. Adesso revocare il regime significherebbe per il nuovo governo dare un segnale contrario.

Specialmente dopo la decisione del tribunale di Sorveglianza che ne ha ritenuto la legittima applicazione. E tutto questo dà il senso di come su questo caso si stia registrando un cortocircuito istituzionale, che può rivelarsi davvero come una carta in mano a Cosa nostra per tentare di liberarsi dell'odiato 41bis».

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