L'Italia entrerà in recessione tecnica e la colpa è della Lombardia. Il coronavirus ha preso di mira un Paese con un'economia fragile e si è accanito proprio sulla sua area più produttiva, con effetti concretissimi: uffici chiusi per fronteggiare l'emergenza sanitaria, ordini in frenata e forniture che non arrivano. Per il momento non è possibile quantificare le conseguenze economiche del virus nel dettaglio, ma si può già stimare quanto la frenata del Nord potrà pesare sull'economia del Paese.
Lombardia e Veneto, regioni dove per il momento si concentrano i principali focolai del contagio, da sole valgono poco meno di un terzo di tutta la ricchezza prodotta in Italia. Il Pil della Lombardia nel 2016 era 369 miliardi di euro. Quello del Veneto 156 miliardi di euro. Insieme le due regioni valgono quindi circa 525 miliardi di euro su un Pil nazionale di 1.690 miliardi di euro.
Ogni giorno il Lombardoveneto produce uno 0,1% di Pil annuale nazionale. Nella ipotesi irrealistica di una paralisi completa delle due regioni, il Pil italiano perderebbe 1,5 miliardi al giorno.
Impossibile, appunto. Ma è invece più che probabile che la frenata del Nord trasformi la crescita del Pil di fine anno in una decrescita poco felice.
Il centro studi Mazziero Resarch ha rivisto al ribasso la stima del Pil del primo trimestre del 2020 da +0,1% a -0,1%. Un segno meno che arriva dopo un altro calo, ben più pesante, nell'ultimo trimestre del 2019, quando un tonfo dell'industria e dell'agricoltura fece registrare un Pil a -0,3% rispetto all'anno precedente. Due segni meno di fila significano recessione tecnica.
«Per il trimestre successivo, il primo del 2020, era atteso un rimbalzo», spiega Maurizio Mazziero. Questo perché di solito dopo le frenate le aziende tornano a fare scorte. Non questa volta, viste le difficoltà sorte a causa del contagio. Quelle interne, con l'esplosione del caso nelle regioni d'Italia più produttive. Ma anche quelle esogene, come il blocco delle forniture da parte delle industrie cinesi che forniscono semilavorati al made in Italy.
Il segno meno nelle stime del primo trimestre dell'anno «è da imputare al fatto che il contagio ha colpito Veneto e Lombardia, Milano. Sarebbe stato diverso se fosse successo in regioni del sud Italia» aggiunge Mazziero. Sulla stessa linea gli analisti di Equita, che comunque vedono un recupero quando la crisi sarà superata: «Ci aspettiamo un impatto negativo ma temporaneo sul Pil italiano. La Lombardia e il Veneto rappresentano il 30% circa del Pil Italiano».
Presto per dire se la frenata avrà un effetto sul dato di fine anno. Mazziero ha tenuto ferma la precedente previsione a più 0,1%. La speranza è che la crisi rientri. In ogni caso al ministero dell'Economia l'attenzione è altissima. Il rischio è che nel prossimo Def si debba inserire una percentuale molto bassa. La precedente previsione del governo è dello 0,6%, ma la Commissione europea ha dimezzato la stima allo 0,3%. In via XX Settembre c'è chi teme uno 0,2% nelle previsioni di marzo, con il rischio di dovere ritoccare di nuovo al ribasso a fine anno.
Un blackout dell'economia del nord, o anche solo un rallentamento, avrebbe effetti anche per le casse dello Stato. La Lombardia nel 2018, ha riportato tempo fa la Cgia di Mestre ha versato alle casse dello Stato 123,2 miliardi di sole entrate tributarie (imposte dirette e indirette al netto delle tasse e dei contributi). Il Veneto il 48,5 miliardi.
La Lombardia è in cima alla classifica dei residui fiscali, indicatore che viene utilizzato per stimare la differenza tra le tasse pagate dai singoli cittadini e i servizi. Secondo il sito Lavoce.info, tra il 2013 e il 2015 un lombardo ha versato in media 17.610, e ricevuto 11.999 euro. Un saldo negativo per 5.622 euro.
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