Matteo Salvini e Daniela Santanchè restino al loro posto: parola di Nordio. Se il fuoco giudiziario minaccia le fila dell'esecutivo, il Guardasigilli veste i panni del pompiere. E ammonisce tutti, ricordando che la stella polare che deve fare da criterio in casi simili è una sola: la presunzione di innocenza.
Ospite di SkyTg24 Live in Roma, il titolare della Giustizia non ha dubbi su ciò che dovrebbero fare Salvini in caso di condanna in primo grado e Santanchè in caso di rinvio a giudizio. «Il criterio generale» che andrebbe seguito in casi come questi, per Nordio, è nell'articolo 27 della Costituzione, «cioè la presunzione di innocenza». Perché, ha ribadito il titolare di via Arenula, «finché una persona non è oggetto di sentenza definitiva è presunta innocente».
Il ministro poi affonda il colpo, chiarendo il suo punto di vista e spiegando perché, per lui, un passo indietro di fronte a una condanna non definitiva da parte di un politico sarebbe un grave errore. Un errore che vanta, peraltro, numerosi precedenti, visto che osserva Nordio «abbiamo assistito a decine per non dire a centinaia di indagini e anche di processi che hanno compromesso o addirittura eliminato politicamente la funzione di ministri, di sottosegretari, di parlamentari». Indagini e processi che, sospira il Guardasigilli, «poi si sono risolti con assoluzione». Finendo dunque nel risolversi, da un punto di vista «retrospettivo», in «una eliminazione di un avversario politico fatta per via giudiziaria, di cui nessuno peraltro si è assunto la responsabilità».
Dunque no all'ombra delle pressioni giudiziarie sulla politica, no alle dimissioni sotto minaccia di magagna giudiziaria. Anche se, ammette Nordio, ci sono casi nei quali persino «la presunzione di innocenza qualche volta può essere affievolita». Il riferimento è al caso della flagranza di reato, perché insiste il ministro «ovviamente se una persona viene presa con la pistola fumante dopo aver ucciso una persona la sua è una presunzione di innocenza che in un certo senso si affievolisce».
Ma non è il caso di chi, con responsabilità di governo, si trovi alle prese con accuse per «reati ordinari» e dove il mero coinvolgimento nei primi gradi di giudizio, insiste Nordio, «debba essere assolutamente indifferente per quanto riguarda la carriera o la funzione politica di una persona». Insomma, Salvini e Santanchè «da un punto di vista giuridico e formale, e anche politico, sicuramente» non devono dimettersi, ribadisce Nordio a scanso di equivoci. Altrimenti si rischia, conclude, «di devolvere alla magistratura la possibilità, l'onere o addirittura il potere di eliminare una carica che è legittimata invece dal voto popolare, e questo secondo me è irragionevole».
Parole, quelle di Nordio, che arrivano pochi giorni dopo la richiesta di condanna a sei anni per Salvini, imputato nel processo Open Arms per i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio, e alla vigilia di un giorno delicato per Santanchè.
Oggi, infatti, a Milano è in calendario l'inizio dell'udienza preliminare per la presunta truffa aggravata all'Inps per la cassa integrazione richiesta da Visibilia per 13 dipendenti durante il Covid: tra gli indagati, appunto, la ministra del Turismo e il suo compagno
Dimitri Kunz, per i quali la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio, come pure per l'altro filone d'indagine, quello del procedimento per falso in bilancio la cui udienza preliminare è iniziata lo scorso 3 ottobre.
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