Nordio al lavoro sugli atti. Abedini verso la libertà

Il Guardasigilli parla di "responsabilità". Studia il provvedimento per anticipare l'udienza della Corte d'appello sull'uomo dei droni

Nordio al lavoro sugli atti. Abedini verso la libertà
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«Le responsabilità sono sempre grandi», dice Carlo Nordio quando gli chiedono cosa intende fare di Mohammad Abedini, l'iraniano rinchiuso dal 16 dicembre in carcere in Italia. E la dichiarazione del ministro della Giustizia suona come il preannuncio di una decisione che a breve potrebbe portare alla scarcerazione del businessman, chiudendo il cerchio delle intese diplomatiche triangolari tra Italia, Stati Uniti e Iran che hanno portato alla liberazione e al ritorno in patria di Cecilia Sala. Tra le «responsabilità» che Nordio appare pronto ad assumersi ci sarebbe a pieno titolo anche una revoca del provvedimento con cui il mese scorso il ministro ha autorizzato l'arresto provvisorio di Abedini, chiesto da Washington. La comunicazione di Nordio potrebbe venire inviata già prima della fine della settimana alla Corte d'appello di Milano, e avrebbe come effetto immediato la liberazione dell'uomo e probabilmente anche la sua partenza dall'Italia.

Una decisione in tempi rapidi avrebbe tra i suoi vantaggi l'annullamento dell'udienza della Corte d'appello milanese fissata per mercoledì prossimo, chiamata a valutare la richiesta di arresti domiciliari presentata dal difensore di Abedini. Ieri il legale dell'iraniano, Alfredo De Francesco, ha depositato una nuova istanza, rinnovando la richiesta di «domiciliari» e cercando di superare le obiezioni con cui la Procura generale ha espresso parere negativo alla scarcerazione. Per scongiurare il pericolo di fuga l'avvocato ha espresso la disponibilità di Abedini a venire munito di un braccialetto elettronico per garantirne il monitoraggio h24, e ha soprattutto indicato un nuovo appartamento dove l'uomo potrebbe scontare gli arresti, preso in affitto nella zona di via Washington direttamente da Abedini. Per la Procura generale, il primo appartamento non era controllabile anche perché era stato individuato e fornito direttamente dal console di Teheran a Milano.

L'obiettivo comune a tutti i protagonisti è però non arrivare neanche alla udienza del 15 gennaio, per un motivo ovvio: in quella sede verranno resi noti dettagliatamente gli elementi di accusa a carico di Abedini, che anche senza entrare troppo nel merito la Procura generale ha già ritenuto significativi del suo coinvolgimento nella fornitura di tecncologia per l'attacco alla base americana Usa Tower nel marzo scorso. La Corte d'appello, se non intervenissero fatti nuovi, dovrebbe anch'essa esprimersi sulla pericolosità di Abedini. E mettere nero su bianco che l'iraniano non è affatto l'innocuo ingegnere elettronico che dice di essere getterebbe un'ombra sgradevole sulla sua restituzione all'Iran come merce di scambio per Cecilia Sala.

Così il lavoro di queste ore è tutto finalizzato a un provvedimento governativo che anticipi la decisione della Corte d'appello, e i dirigenti del ministero della Giustizia stanno lavorando alla stesura del provvedimento. Lo ha confermato in modo esplicito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della sua conferenza stampa di ieri: «Per quanto riguarda il caso di Abedini è al vaglio del ministero della Giustizia, tecnico e politico». L'annullamento della visita a Roma del presidente uscente Joe Biden facilita le cose, visto che sarebbe stato sgradevole liberare il ricercato proprio mente il capo della Casa Bianca si trovava in Italia. Invece così nulla ostacola lo scioglimento del nodo. «Le interlocuzioni ci saranno, il lavoro è ancora molto complesso», ha tenuto a precisare la Meloni. Ma ci sono tutte le condizioni per arrivare prima dell'udienza del 15.

In modo tale che la reale caratura criminale di Abedine, e con essa l'entità del favore che gli americani hanno fatto all'Italia assentendo alla sua liberazione, restino per sempre nascoste tra i segreti della diplomazia.

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