«Non tornerà tutto come prima in un clic. Per la ripartenza non basterà premere un bottone: la ripresa non è un sistema on/off». Fabrizio Starace psichiatra, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Modena e consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni, è entrato a far parte della task force guidata da Vittorio Colao che dovrà dettare la road map della Fase 2. A Starace il compito di valutare l'impatto dell'emergenza e le ricadute sulla popolazione.
Professore quando sarà possibile riaprire?
«Tutti si chiedono quando riaprire ma la vera domanda è come. Come rendere possibile allentare le misure di contenimento senza rischi per la salute della popolazione. Vedo che molte persone sono convinte che tutto tornerà come prima in un clic, che sarà possibile in un arco di tempo breve riprendere la vita precedente cancellando con un on e off questi mesi. Non è così: ci sarà un passaggio molto graduale e i giorni che verranno potranno essere affrontati meglio da chi ha già deciso di venire a patti con questa realtà, da chi ha capito che non potremo accantonare questa esperienza da un giorno all'altro ma che ci accompagnerà a lungo».
Il rifiuto della realtà, l'insofferenza verso il prolungarsi delle limitazioni potrebbe ripercuotersi sull'efficacia delle misure di allentamento?
«È un meccanismo di negazione: chi in questi giorni trasgredisce le regole di contenimento lo fa anche nella convinzione che il Covid, la malattia non lo riguardi, che l'epidemia non è un problema suo. Un errore che è stato compiuto anche da molti governanti. Mentre in Italia era già esplosa l'epidemia molti paesi europei invece di prendere subito ad esempio le misure di contenimento hanno temporeggiato per poi assistere all' esplosione dei casi anche da loro eppure avevano davanti agli occhi la soluzione per evitare la diffusione, per prevenire».
Professore chi sono i più colpiti in questa situazione?
«Tutta la popolazione è ugualmente coinvolta perché ci troviamo in una catastrofe che non è paragonabile a nessun evento passato per la combinazione di due elementi: la pandemia e il conseguente lockdown, la limitazione delle nostra libertà di movimento. Con il Covid ci troviamo di fronte un nemico invisibile. Per questo inizialmente sono emersi episodi di intolleranza nei confronti ad esempio dei cinesi. Abbiamo bisogno di identificare un nemico, di vederlo per fronteggiarlo. Poi ora è scattata una caccia al colpevole priva di senso, un meccanismo perverso mentre dobbiamo esser uniti e compatti. Poi si aggiunge il peso del lockdown che non è paragonabile neppure al coprifuoco in tempo guerra che comunque aveva dei limiti. ».
Il blocco colpisce tutti nello stesso modo?
«La convivenza forzata avrà conseguenze. A Wuhan la fine del lockdown ha anche segnato un'impennata di divorzi. Ma come in tutte le crisi le reazioni sono diverse: c'è chi sta cercando di recuperare il tempo con i figli e per la cura della casa. Altri reagiscono con rabbia: attenzione a violenza domestica e minori».
Il primo rischio che vede nella ripartenza?
«Sarà cruciale la comunicazione che dovrà essere trasparente e non ripetere gli errori fatti all'inizio che hanno causato episodi di isteria collettiva».
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