Parigi Brucia l'Amazzonia, e ancora di più le cornette delle cancellerie d'Europa e della Casa Bianca. Dopo l'allarme incendi che divampano da 18 giorni senza che il Brasile abbia fatto nulla, servono pompieri. Stavolta per sedare la rissa verbale tra Emmanuel Macron e il presidente Jair Bolsonaro. Lui, l'uomo forte del Sud America, ieri è stato accusato dall'inquilino dell'Eliseo di aver «mentito sul clima». Cerca «di strumentalizzare una questione interna del Brasile per vantaggi politici», la replica al termine di una giornata in cui si è consumato uno strappo durissimo; proprio mentre si cerca di liberare il polmone del mondo dalle fiamme.
Alla vigilia del G7 che si apre oggi a Biarritz, sui Pirenei Atlantici - che Macron punta a tarare sul tutti per uno-uno per tutti per salvare l'Amazzonia - rischia quindi di saltare l'accordo di libero scambio Ue-Mercosur firmato appena lo scorso giugno. «La Francia vi si oppone«, si legge in una nota dell'Eliseo, «tenuto conto dell'atteggiamento del Brasile». Macron accusa Bolsonaro di aver mentito al vertice G20 di Osaka, poiché «ha scelto di non rispettare i suoi impegni climatici né di impegnarsi sulla biodiversità». Stop. Bolsonaro incassa, ma viene sommerso da altre critiche: i vip di mezzo mondo, da Madonna a Cristiano Ronaldo, lo accusano di restare alla finestra mentre scompaiono porzioni di tre campi da calcio al minuto. Al termine di una mattinata già ad alta tensione - a Biarritz, poliziotti schierati e timori per i black bloc - arriva la nota al vetriolo di Parigi, che punta il dito sull'inazione di Bolsonaro «anche sugli incendi». Polemiche suffragate dalla Commissione europea, che da Bruxelles si dice «seriamente preoccupata». Con le fiamme che hanno invaso perfino la Bolivia, dove oltre 650 mila ettari di verde sono già bruciati, «siamo pronti a fornire assistenza attivando il sistema satellitare Copernicus», spiega la portavoce. Bolsonaro annuncia: «Manderò l'esercito». Macron fa invece appello alla collettività riprendendo una frase di Greta Thunberg: «La nostra casa sta bruciando». Centinaia di manifestazioni davanti alle ambasciate brasiliane trasformano di fatto una crisi ambientale in una sequela di polemiche sull'uomo che in campagna elettorale diceva: l'Amazzonia è nostra e va aperta allo sfruttamento. Bolsonaro dà la colpa degli incendi alle Ong e boccia la voglia di trasformare il G7 in un'iniziativa per l'Amazzonia. Durissimo, a più riprese, su Macron: «Mentalità colonialista», «tono sensazionalista» e «foto false».
Discutere la questione amazzonica al vertice, senza i Paesi della regione, è inaccettabile per il Brasile. Ma con gli indigeni che hanno già perso gran parte del territorio, l'invito a salvare l'area che produce il 20% dell'ossigeno del mondo è invece condiviso dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal segretario generale dell'Onu. «La foresta muore, ma il mondo ha bisogno della foresta e anche i nostri figli», l'appello degli indigeni. Insomma, il vertice che a Biarritz vedrà sfilare anche vari leader africani (Sudafrica, Burkina Faso, Egitto, Rwanda e Senegal) oltre agli omologhi australiano, cileno, spagnolo e indiano, proverà a riscrivere l'agenda. Per Macron, sarà effettivamente più facile unire un così variopinto parterre attorno a un'emergenza immediata: salvare l'Amazzonia. Gli altri punti sul tavolo, dall'economia alla recessione, fino alle disuguaglianze, dividono non poco l'Ue da Donald Trump, quindi non vedranno neppure un comunicato finale.
Priorità a spegnere i 73mila focolai individuati finora dai satelliti di Nasa ed Esa. Incendi spesso usati (se non provocati) da contadini e allevatori per sottrarre terreno alla foresta e dedicarlo al pascolo. Una piaga dilagante che Bolsonaro vuol ridurre a mera «questione interna».
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