Da notaio a decisionista, la svolta di Mattarella

Il capo dello Stato furioso è passato all'azione e ha stoppato l'opzione elezioni

Da notaio a decisionista, la svolta di Mattarella

Mi chiamo Mario e risolvo problemi. Dunque Mr Wolf, l'arma finale, l'asso, è in campo: «Ora lasciamolo lavorare», dicono dal Quirinale, convinti che, se salta lui, salta il Paese. Ma niente pressione, nessun perimetro prestabilito, nemmeno una linea di programma, se non il richiamo alle «tre emergenze» che l'Italia deve affrontare: vaccini, Recovery, lavoro. Insomma, «faccia lei come meglio crede», gli ha detto in sostanza Sergio Mattarella (nel tondo) al momento dell'investitura. Mario Draghi quindi «non avrà paletti» né indicazioni precise su come trovare una maggioranza. Ministri politici, tecnici, misti? L'ex presidente della Bce «è completamente libero», starà a lui sbrigarsela con le forze politiche e capire se l'operazione può andare in porto e con quale formula.

La svolta in poche ore, martedì nel primo pomeriggio, quando l'esploratore Fico continuava a telefonare per spostare l'appuntamento e da Montecitorio si moltiplicavano i segnali di rottura imminente e definitiva tra Italia Viva e gli altri. I partiti sono rimasti sorpresi, choccati: dalla rinuncia del presidente della Camera al nuovo incarico è passata meno di mezz'ora. Ma non è stata una mossa improvvisata. La carta Draghi era nel mazzo del capo dello Stato da almeno un mese ed è stata tirata fuori quando si sono concretizzate le condizioni: politica in tilt, Paese in bilico.

E lì che Mattarella ha cambiato il suo approccio alla crisi. Quasi una metamorfosi. Distante, quasi passivo nel corso delle consultazioni, durante le quali ha registrato con atteggiamento notarile i contorcimenti della maggioranza uscente, dal «nessun veto» al «prima i programmi». Poi però, quando la situazione è esplosa e gli stracci sono volati, il capo dello Stato si è trasformato. Furioso, amareggiato per lo spettacolo offerto, ha deciso di prendere in mano le redini e ha «assunto un'iniziativa».

Come nei vasi comunicanti, non ci può essere mai il vuoto nella politica: se le forze parlamentari si bloccano, lo spazio viene riempito dal Quirinale. Mattarella aveva davanti due strade. La prima, sciogliere le Camere, l'ha esclusa subito: nel mezzo della pandemia e con il Recovery Fund da contrattare con Bruxelles, l'Italia non poteva restare a lungo senza guida. Serviva, serve subito un «governo nella pienezza della sue funzioni». La seconda strada portava a un esecutivo «di alto profilo» e sganciato dai partiti, capace di riaccendere i motori? E quale nome più forte di quello del salvatore dell'euro?

Ma attenzione, non chiamatelo governo del presidente. Se parte può arrivare al 2023.

E non si può sovrapporre, spiegano dal Colle, la coppia Napolitano-Monti a quella Mattarella-Draghi: diversi i caratteri e le storie personali, differenti pure le condizioni. Draghi potrà spendere, Monti doveva tagliare.

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