Milano. Come simbolo di appartenenza il nickname «20151» ovvero il cap del proprio quartiere. Oppure il numero del Municipio, «Zona 8», la circoscrizione che comprende il quartiere di Bonola, periferia nord ovest di Milano. Bastava quello per identificarsi sui social e poi passare subito all'azione, incontrandosi di persona nei parchi cittadini e alle fermate della metropolitana, per poi raggiungere la zona della movida intorno all'Arco della Pace. Dove una quindicina di ragazzi e ragazze (tutti italiani, alcuni stranieri di seconda generazione di cui 9 i minorenni) la notte tra il 3 e il 4 ottobre scorso hanno cominciato a menare le mani contro chiunque lanciasse uno sguardo anche innocuo e comunque sempre casuale, ma in etichettato volutamente come obliquo e rispedito all'incolpevole mittente con frasi come: «Che c....hai da guardare?».
Da lì una raffica di tavoli rivoltati, assalti ai passanti, portafogli strappati dalle tasche, aggressioni di ogni genere regolate da un unica regola, come dimostrano le impressionanti immagini ricavate dai filmati (nella foto) delle telecamere tra l'area di corso Sempione e corso Garibaldi: quella del branco. Dell'appartenenza a un gruppo deciso a lasciare una impronta della propria presenza e del proprio passaggio esercitando un sopruso. Così gli investigatori della mobile, guidati dal dirigente Marco Calì e dal dirigente del commissariato Sempione Andrea Migliasso ieri mattina hanno arrestato 4 ventenni incensurati e che ora si trovano ai domiciliari accusati per quella sera di ottobre di due rapine (una tentata) e due aggressioni ad alcuni coetanei, al titolare di un ristorante e ai suoi dipendenti. Altri 9 minori sono stati indagati a loro volta e perquisiti. E le indagini vanno avanti. «Si tratta di gruppi che si muovono agilmente da una parte all'altra della città» dicono in questura, lasciando intuire che sarebbe improbabile che il branco non si fosse «macchiato» di altri assalti.
«Questi aggressori vogliono a tutti i costi emergere - spiega il gip del tribunale Stefania Donadeo -. Il loro scopo è picchiare selvaggiamente senza motivo i malcapitati, con la forza intimidatoria del gruppo nel quale non tutti agiscono sempre materialmente pur trovandosi comunque coesi». La Procura minorile parla di «solitudine educativa». Il capo della Mobile, Calì, ci ha tenuto invece a spezzare una lancia nei confronti dei genitori: «Si sono mostrati mortificati per quello che hanno fatto i loro figli».
Il questore Giuseppe Petronzi ha sottolineato che sarebbe sbagliato inquadrare questi raid giovanili come «figli del periodo connesso alla pandemia». «Temo che anche più un anno fa ci fossero problemi simili.
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