Ci eravamo dimenticati di «Libertà e giustizia», nata nel 2002 nei salotti progressisti, per combattere l'autoritarismo di... Berlusconi, accusato di voler cambiare la Costituzione e, sotto sotto (ma neanche tanto) di voler introdurre un regime para fascista. Poi, finiti i governi del Cavaliere, i Liberi e Giusti, di nuovo, contro Matteo Renzi, pericoloso sovversivo per il suo referendum sul Senato. Una breve fugace apparizione ai tempi del governo Conte I, ovviamente contro il para fascismo di Salvini, eccoli alla grande, con un altro manifesto. Il tema? Di nuovo il pericolo che la nuova maggioranza, di «destra», cambi la Costituzione. Amabilmente chiamata «club dei milionari», forse soprattutto per la presenza di Carlo De Benedetti, «Libertà e giustizia» e i suoi appelli venivano regolarmente rilanciati da Repubblica, mentre ora li troviamo su Domani, il quotidiano fondato e finanziato appunto dall'Ingegnere. Non abbiamo nulla contro i salotti, non essendo populisti. Ancor meno contro i milionari, non essendo comunisti. Ma gli appelli di «Libertà e giustizia» ci appaiono un gioco stanco e prevedibile, con le stesse persone, tutte rispettabili per carità, ma soprattutto con gli argomenti, sempre i medesimi. La destra, accusata di voler aggredire i «poveri» e aumentare le diseguaglianze, come in un qualsiasi volantino del Pci degli anni Cinquanta, e come se il programma del centro destra fosse stato scritto da Maggie Thatcher (magari!, in realtà è fin troppo «solidarista», altro che attaccare i poveri). Il «club dei milionari», poi, non si capacita come mai le classi popolari, di cui essi si ergono a difensori, si ostinino sempre più a votare una destra che li vuole impoverire. Ma la chiave di tutto sta nel conservatorismo costituzionale. Chiunque voglia modificare la Costituzione, si trasforma, agli occhi dei Liberi e giusti, in qualcuno di «destra», anche se era un presidente del Consiglio capo del principale partito della sinistra italiana, Renzi appunto. La rivendicazione dell'intangibilità della Costituzione è un vecchio dogma del vero partito della conservazione italiana, figlio del partito comunista e della sinistra cattolica. Chiunque provi a modificare la Carta, tocca dei fili che fanno morire, politicamente e non solo, pensiamo a Bettino Craxi, il primo a proporre negli anni Ottanta una riforma presidenziale. Allora Libertà e Giustizia non c'era ancora, ma i suoi esponenti sì, e disegnavano già gli stessi scenari foschi, che poi avrebbero dipinto contro Berlusconi, contro Renzi e ora contro il progetto presidenzialistico del centro destra. Ora come allora, poi, chiunque voglia introdurre il presidenzialismo è considerato autoritario, se non fascista. Ma questa argomentazione è sbagliata su un piano storico e su quello fattuale. Sul piano storico, i fascismi hanno sempre agguantato il potere grazie alle disfunzioni del parlamentarismo: e quando sono saliti al governo non hanno mai modificato le Costituzioni vigenti, lo Statuto Albertino restò fino al 1948. Al contrario, sono stati gli antifascisti democratici, come De Gaulle in Francia, ad introdurre il sistema presidenziale.
E infine: anche i sondaggi più lusinghieri non accreditano al centro-destra i due terzi dei seggi: quindi l'ipotesi paventata dai Liberi e Giusti, che la Costituzione possa essere modificata senza referendum, è decisamente lunare. In realtà il tema è solo un pretesto: il vero scopo di questi appelli è spargere panico tra gli elettori. Un comportamento non certo improntato a libertà e a giustizia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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