Obama rifiutò il riscatto per il reporter

I jihadisti avevano chiesto 100 milioni per James Foley. Gli Usa risposero con un blitz (fallito) per liberare gli ostaggi

Obama rifiutò il riscatto per il reporter

Sembra incredibile: ieri abbiamo visto un inglese che ha tagliato la testa a un americano nel mezzo del deserto siriano in nome dello Stato Islamico. Obama lo ha definito uno spettacolo che non ha a che fare col ventunesimo secolo, e invece è e sarà proprio il nostro spettacolo quotidiano, e rendersene conto, combattere, non è facile. La sfida dell'Isis, il suo diretto apostrofare, adesso, il mondo occidentale con la decapitazione di James Foley hanno avuto un effetto di mobilitazione, finalmente, dopo tanti anni sulla scia dell'appeasement di Obama, e di enorme confusione. Dagli Stati Uniti, oltre alle parole di orrore di Obama giungono per ora storie di fallimento: gli Usa avevano ricevuto la richiesta di un riscatto da 100 milioni di dollari per Foley, ma la risposta, rivela un parente del giornalista, è stata negativa. Del tutto legittimo. Sembra che gli Usa abbiano ricevuto anche una proposta di «scambio»: il reporter in cambio di «Lady al Qaida», la 42enne Aafia Siddiqui, condannata negli Stati Uniti per aver tentato di sparare ai militari americani che la interrogavano dopo averla catturata in Afghanistan nel 2008.

Ma il senso di orrore indotto dall'esecuzione di Foley si accompagna al pericolo per la vita dell'altro giornalista Steven Satloff mostrato già col camicione, pronto ad essere sgozzato. Altri tre americani, minaccia l'Isis, saranno uccisi se gli Usa disturberanno la marcia folle dello Stato Islamico. Questo si accompagna alle nebulose notizie per cui quest'estate gli Usa hanno inviato una missione di salvataggio in Siria per liberare un gruppo di ostaggi incluso James Foley. I militari che in un blitz sono stati paracadutati in Siria non hanno trovato i prigionieri ma hanno dovuto però affrontare uno scontro con l'Isis. La guerra degli Usa per Foley è fallita, e anche quella contro le armi chimiche di Assad non sembra avere sorte migliore se è vero che a un anno dall'impegno di Assad a consegnare i gas venefici ieri cinque ribelli sarebbero stati uccisi con lo stesso mezzo.

Il mondo occidentale cerca di reagire a tentoni. Il segretario Usa alla Difesa, Chuck Hagel, ha detto «ci aspettiamo che i miliziani dell'Isis tentino nuovi attacchi» e che la strategia in Iraq è «a lungo termine» perché «dobbiamo essere preparati a tutto», aggiungendo che «Assad è parte del problema». Cameron, e con lui molti inglesi, sono rimasti schiacciati dall'accento britannico del boia che col coltello già in mano spiega nel video che taglierà la testa di Foley, e ha denunciato il pericolo del ritorno dei mostri in patria. Il Times di Londra parla di un gruppo di tre britannici «intelligenti, istruiti» che gestiscono i prigionieri fino alla decapitazione. Gli inglesi in Siria sono migliaia, vengono chiamati i «Beatles (scarafaggi) neri» a causa del cappuccio, l'assassino nel film viene chiamato «John». La caccia al tagliatore di teste è aperta.

E in questo quadro brillava per irrazionalità la notizia che l'Iran, dopo la proposta francese di formare un gruppo anti Isis, ha dichiarato che «accetterà di fare qualcosa» se verranno sollevate le sanzioni nucleari. Annuncio poi smentito dal ministero degli Esteri di Teheran con una nota che definisce «non corrette» le informazioni riguardanti «una collaborazione con gli Usa in cambio della fine delle sanzioni». Chi ricorda l'uso dei bambini iraniani nella guerra con l'Iraq come piccoli suicidi con la chiave di plastica del paradiso legata al collo, chi sa che la longa manus dell'Iran sono gli Hezbollah, chi sa che l'Iran è il maggiore sponsor del terrorismo mondiale dovrebbe respingere con orrore la sola idea.

Anche perché l'Iran è già in Iraq, e vi controllerà con tutta probabilità la parte che resterà nelle mani degli sciiti (fino a ieri governati dal loro protetto Al Maliki) mentre il resto andrà parte ai sunniti e parte ai curdi. L'Iran ma ha una caratteristica: non si ferma finché non gli conviene, va avanti, attenzione, con la bomba atomica.

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