Obiettivo Crimea (con l'ok di Biden). Così nella penisola si decide la guerra

Il territorio annesso da Mosca sarà il fronte decisivo del conflitto.

Obiettivo Crimea (con l'ok di Biden). Così nella penisola si decide la guerra

Chi si prende - o si tiene - la Crimea prende tutto. A Washington hanno deciso, la guerra si deciderà da qui all'estate. Se la programmata controffensiva primaverile dell'Ucraina andrà a segno la Russia sarà di fatto sconfitta. In caso contrario, visto anche il crescente scetticismo delle opinioni pubbliche europee e statunitensi rispetto agli ingenti costi del conflitto, bisognerà trattare e riconoscere parte delle conquiste territoriali russe. La vera novità di questo scenario è, però l'obbiettivo strategico di una contro-offensiva basata sulla ri-conquista della Crimea.

Un obbiettivo approvato, dopo molte esitazioni, da Pentagono e Casa Bianca. Dietro alle incertezze si nascondeva (e si nasconde) il timore di un ricorso all'arma nucleare da parte di un Cremlino pronto a tutto pur di non perdere la penisola. Ma le considerazioni del Pentagono, della Nato e dei generali ucraini, concordi nell'escludere la riconquista del Donbass senza la preventiva cacciata dei russi dalla Crimea, avrebbe avuto la meglio sulla cautela della Casa Bianca. Anche perché se le armi e gli indirizzi strategici garantiti dalla Nato restituiranno la penisola all'Ucraina il Cremlino avrà serie difficoltà a difendere un Donbass accerchiato su tre lati. Una scelta confermata dal sottosegretario Victoria Nuland che anche stavolta - come già nel 2014 quando mandò a farsi fottere gli europei - non rinuncia a mettere in chiaro i veri obbiettivi statunitensi. «In Crimea - ha spiegato a fine febbraio la Nuland - ci sono importanti installazioni militari che in questa guerra sono diventate retrovie e centri logistici essenziali per i russi. Quelli sono obbietti legittimi. L'Ucraina li colpisce e noi li appoggiamo». Ma puntare alla Crimea significa pianificare un complesso e sanguinoso sfondamento delle difese russe allestite nella regione di Zaporozhye grazie alla mobilitazione di trecentomila uomini.

Per farlo gli ucraini devono, come spiega la Nuland, colpire preventivamente la logistica e i depositi russi nella Crimea. Un'operazione iniziata una settimana fa con l'incursione di un drone contro un convoglio ferroviario russo carico di missili Kalibr in transito da Dzankhoi, una cittadina della Crimea a130 chilometri dalle posizioni di Kiev. Solo il successo delle incursioni preventive sulle basi della Crimea permetterà il lancio di un'operazione che impiegherà come ariete i carri armati occidentali e come forza militare i 60mila soldati ucraini addestrati dalla Nato. Stando al ministro della difesa ucraino Oleksii Reznikov l'Ucraina ha già ricevuto 18 carri armati Leopard 2 dalla Germania, tre dal Portogallo e sei dalla Spagna. Forniture che si aggiungono ai Challenger 2 britannici, agli Amx10 francesi e ai blindati per il trasporto truppe Striker e Merdier di Usa e Germania.

La vera incognita restano però uomini e munizioni. Secondo alcune stime Kiev ha perso almeno 120mila soldati tra cui moltissimi veterani essenziali, quanto ad esperienza, per un'operazione che richiede oltre allo sfondamento delle linee russe anche la creazione di oltre duecento chilometri di linee logistiche. Ma senza la creazione di tre nuovi corpi d'armata Kiev non sarà in grado di garantire la difesa delle linee attuali e di quelle future. Per schierarli il quartier generale ucraino dovrà affidarsi a 60mila reclute forti dell'addestramento ricevuto nei paesi Nato, ma prive di qualsiasi esperienza di combattimento. Sul fronte munizioni le incognite non sono da meno. Secondo la Nato i tre mesi di operazioni richiederanno una disponibilità quotidiana di 10/15mila colpi di obice.

Dunque il successo dell'offensiva dipenderà anche dalla capacità dei paesi europei di fornire all'Ucraina il milione di proiettili da 155 millimetri promesso settimane fa. Una promessa su cui, viste le disponibilità militari dell'Unione, circolano molti dubbi.

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