"Obiettivo: niente navi". Ecco il piano di Piantedosi per fermare i clandestini

Bloccare i viaggi irregolari in direzione dell'Italia creando intese con i Paesi di partenza: così Piantedosi vuole muoversi per fermare l'immigrazione clandestina

"Obiettivo: niente navi". Ecco il piano di Piantedosi per fermare i clandestini

Il neo ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha le idee molto chiare su quella che vorrebbe sia la linea del futuro dell'Italia sulla questione migranti. Una linea dura, che da un lato mira a impedire gli sbarchi irregolari nel nostro Paese e, dall'altra, punta a evitare le morti del Mediterraneo. "Per il futuro la linea sarà puntare a che non ci siano navi che trasportano migranti nel Mediterraneo. Faremo una forte azione di intesa con i Paesi di origine dei transiti per governare i flussi", ha dichiarato il titolare del Viminale al Tg5, ribadendo l'intenzione di mettere in atto tutto il protocollo progettato fin dal principio per l'operazione Sophie dall'Unione europea.

La linea del governo Meloni

Il nuovo ministro dell'Interno ha spiegato, onde evitare polemiche, cosa significa governare i flussi, ossia "fare in modo che siano gli Stati, quelli di origine e destinazione, a governarli concedendo a questi Paesi delle quote di flussi di ingresso regolare". Una strategia che trova già attuazione in diversi altri Stati e che anche l'Italia si appresta a introdurre in modo organico, in modo tale da mettere un freno all'assalto alle coste da parte di soggetti che non hanno alcun diritto alla protezione internazionale ma che arrivano quotidianamente a bordo di carrette del mare o delle ong.

Le parole di Matteo Piantedosi arrivano a poche ore dall'annuncio dell'intenzione di non accettare due delle ong che operano nel Mediterraneo all'interno delle acque territoriali italiane. Un provvedimento che potrebbe trovare certezza e piena attuazione nelle prossime ore. Il Viminale ha già emanato la direttiva che, spiega Piantedosi, "un provvedimento con cui si è voluto certificare che queste due navi si muovevano senza il coordinamento delle autorità di soccorso e che battono bandiera di Paesi, rispettivamente Norvegia e Germania, in acque internazionali".

Considerando che la bandiera battente indica che quella nave è una diretta estensione territoriale dello Stato di appartenenza, "come notificato dal ministero degli Esteri, radicano la competenza e l'assistenza delle persone che raccolgono in questi due Paesi". In poche parole: dal momento che le navi battono bandiera tedesca e norvegese, è nelle loro competenze la gestione dei migranti che vi si trovano a bordo.

Le proteste della ong

La nave ong Humanity1, una delle due al centro delle attenzioni di Matteo Piantedosi, è nelle acque internazionali al largo della Sicilia con 180 persone a bordo, in attesa che le venga assegnato un porto. Finora, "tutte e 4 le richieste dal 23 al 27 ottobre a tutte le autorità competenti, compresi i centri di coordinamento dei soccorsi a Malta e in Italia, sono rimaste senza esito". Così riferiscono dalla ong, che poi si scaglia contro le nuove direttive: "Come organizzazione di ricerca e soccorso agiamo sempre secondo il diritto marittimo internazionale. Ora chiediamo anche alle autorità di rispettare il diritto internazionale e di assegnarci un porto sicuro il prima possibile".

L'opinione del marittimista

L'esperto di diritto marittimo Giuseppe Loffreda, riconosciuto da Chambers & Partners tra i migliori marittimisti italiani degli ultimi anni, già partner dello studio legale Gianni & Origoni e fondatore nel 2021 di Legal4Transport, network di professionisti qualificati ed esperti in diritto della navigazione e dei trasporti, relative infrastrutture e servizi complementari, ha appoggiato la rotta di Piantedosi.

Loffreda ha individuato tre cardini di validità: "In primo luogo i migranti si trovano su territorio tedesco e norvegese, in quanto a bordo di navi battenti bandiera di quei due Paesi. Quindi sono Germania e Norvegia che devono farsi carico di assisterli. In secondo luogo, tra le leggi internazionali invocate dalle Ong c'è, evidentemente, anche l'art. 19 della Unclos. L'ingresso nelle nostre acque territoriali e il passaggio delle due navi fino ad uno dei nostri porti possono pertanto avvenire solo se inoffensivi, cioè senza l'intento di sbarcare persone in violazione delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale".

Quindi, Loffrida aggiunge: "In terzo luogo, qualora le navi fossero ammesse ad entrare e a sbarcare i migranti in uno dei nostri porti, potranno poi essere sottoposte a controlli da parte dello Stato di approdo (l'Italia) che può adottare provvedimenti di fermo della nave stessa in caso di evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l'ambiente".

Sbarchi a raffica a Lampedusa

Come se dall'altra parte del Mediterraneo fossero stati avvisati del cambiamento di intenzioni del governo italiano, in queste ore si assiste a una serie di sbarchi a raffica. A Lampedusa dalla mezzanotte di oggi sono stati già sei gli eventi, che hanno portato allo sbarco di 245 stranieri.

Tunisia, Bangladesh, Siria, Egitto, Marocco e Sierra Leone le nazioni più rappresentate. Al momento ci sono oltre mille persone all'interno dell'hotspot ma la prefettura di Agrigento di concerto con il Viminale ha disposto il trasferimento di 600 migranti in giornata.

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