Il fiato sospeso, sino all'ultimo. Non avere certezze assolute e temere che da un momento all'altro possa saltare il banco è un punto fermo del dialogo, degli accordi e persino della tregua sancita tra Israele e Hamas. Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar Majed Al-Ansari, assicura che «le parti sono impegnate a rispettare l'accordo di cessate il fuoco» e avvisa: «Invito a non fare riferimento a dichiarazioni politiche in questo momento». Ma non è affatto facile, perché da una parte e dall'altra arrivano parole che pesano.
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu prima avverte che senza i nomi degli ostaggi che saranno liberati già oggi non proseguirà il piano e poi avvisa e minaccia: «L'obiettivo è che Gaza non minacci più Israele, la sacra missione di liberare gli ostaggi mi ha accompagnato per tutta la vita». In serata è uscito un elenco ufficioso dei primi tre liberati. Si tratta dell'infermiera veterinaria Doron Steinbrecher, 30 anni, Romi Gonen, 24 anni, rapita al Nova Festival e Arbel Yehud, 28 anni. Bisogna attendere, ancora. E senza ufficialità, Netanyahu continua sulla sua linea. «Se sarà necessario tornare in guerra, lo faremo in modi nuovi e più forti. Trump farà in modo che noi avremo tutte le armi e le munizioni necessarie», ha aggiunto, zittendo tutte le voci di un ritiro dalle zone strategiche: «Non ci ritireremo dal corridoio Filadelfia, anzi, aumenteremo la presenza e avremo il pieno controllo della zona cuscinetto». Di contro, il gruppo terroristico Jihad Islamica, alleato di Hamas, ha minacciato di uccidere gli ostaggi ancora nelle sue mani se Israele non fermerà gli attacchi sulla Striscia di Gaza proseguii nelle ultime ore nelle ultime ore prima del cessate il fuoco. Lo ha detto senza mezzi termini Abu Hamza, portavoce del braccio armato delle Brigate al-Quds. Non esattamente le premesse migliori per una vigilia tanto attesa, viste anche le tensioni interne a Israele con tre ministri di estrema destra guidati da quello della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, che hanno annunciato le loro dimissioni dal governo. Con lui anche il ministro per il Negev e la Galilea Yitzhak Wasserlauf e quello per il Patrimonio Amihai Eliyahu, oltre ai presidenti delle commissioni Limor Son Har-Melech e Tzvika Fogel.
L'ora X alle 8.30, le 7.30 in Italia, quando il cessate il fuoco sarà ufficialmente operativo dopo l'ennesima notte di attesa e tensione. Il ministero della Giustizia israeliano ha annunciato che 737 detenuti palestinesi saranno liberati nella prima fase contestualmente al rilascio dei primi tre ostaggi nelle mani dei terroristi da 15 mesi. In totale saranno oltre 1.890 i detenuti che lasceranno le carceri di Israele. In tutto invece sono 33 i rapiti del 7 ottobre che torneranno a casa nel giro dei 42 giorni di durata della tregua. Incertezza anche su quanti siano gli ostaggi effettivamente ancora in vita (25 secondo i media) e in che condizioni siano quelli liberati. La paura e la speranza più grandi sono legati ai nomi dei due fratellini Kfir e Ariel Bibas, 9 mesi e 4 anni all'epoca del rapimento, portati via con la madre 32enne Shiri dal kibbutz di Nir Oz, dove vennero trucidate 180 persone. Kfir, proprio ieri ha compiuto due anni, la maggior parte dei quali trascorsi in prigionia.
I loro volti, sono diventati il simbolo dell'orrore, così come quello di Liri Albag, la soldatessa apparsa in un video-ricatto dio Hamas solo pochi giorni fa. Tre persone liberate ogni volta, in uno stillicidio di ansia, paure e incertezze. Quelle che fino all'ultimo continuano ad aleggiare su una tregua tanto attesa quanto fragile.
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