Giusi Bartolozzi Armao, deputata di Forza Italia e componente della commissione Antimafia, promette di intervenire in ogni seduta della Camera per ricordare l'urgenza di far luce sulle vicende rivelate dall'ex presidente dell'Anm Luca Palamara.
Lo scandalo Palamara ha confermato i sospetti su un sistema di intrecci pericolosi tra magistratura e politica, ma le richieste di una commissione d'inchiesta parlamentare si scontrano contro il muro della sinistra.
«Uno spaccato allarmante che il Paese aveva diritto di conoscere. Ma siamo ancora alle prime battute ed è necessaria la piena conoscenza dei fatti. La magistratura sta dimostrando di avere i necessari anticorpi, consiglieri del Csm dimissionari, procedimenti disciplinari e penali prontamente attivati. Mentre una parte del mondo politico pare dormiente. Nel luglio 2020 abbiamo presentato una proposta di legge per costituire una Commissione d'inchiesta ma, dopo quasi un anno e nonostante le tante molteplici in Ufficio di Presidenza, la proposta non è stata calendarizzata. Stesso ingiustificabile epilogo per la richiesta di audizione di Palamara in commissione nazionale antimafia».
Lei dice che la magistratura ha dimostrato di avere anticorpi, con processi penali e disciplinari, mentre la politica non vuole fare la sua parte. Perché?
«In parte è codardia, pur comprensibile forse. Un pubblico ministero può indagare chi vuole e come vuole, senza doverne rispondere. Una tale concentrazione di potere sulla vita delle persone nelle mani di un organo inquirente, svincolata da effettive responsabilità, non è più tollerabile. L'informazione di garanzia è poi divenuta, di fatto, una condanna anticipata, che autorizza qualche avversario, intriso da cultura del sospetto, a richiedere le dimissioni del politico indagato. Il caso Palamara ha svelato un intreccio di relazioni ed accordi tra parte della magistratura e parte del mondo politico. E nessuno probabilmente, da una parte e dall'altra, vuole andare sino in fondo».
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Come sono percepite dai politici le rivelazioni di Palamara su come la magistratura si sia mobilitata in varie occasioni per influenzare la vita di governi e istituzioni?«Il caso Palamara rivela qualcosa di molto più allarmante della semplice relazione, fatto ovvio, tra magistratura e politica. È la prima volta che conosciamo che cosa avviene direttamente, da trascrizioni di chat tra alcuni magistrati, su procedimenti giudiziari pendenti a carico di qualche politico e sulle pressioni esercitate per condizionarne negativamente l'esito. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ne sono solo gli ultimi esempi e tutto questo è inaccettabile».
Crede che sia possibile trovare una maggioranza trasversale ai partiti per approfondire questi temi scottanti?
«Mi auguro di sì ed è per questo che in aula, da martedì, ho iniziato una maratona di interventi di fine seduta per sensibilizzare tutti i parlamentari sulla necessità di costituire al più presto la commissione di inchiesta. Inutile trincerarsi dietro conflitti tra poteri dello Stato, perché la potestà delle Camere di disporre inchieste su materie di pubblico interesse è esercitabile solo attraverso commissioni ad hoc. Abbiamo già raccolto diverse disponibilità e contiamo che si trasformino in fatti concreti».
Quanto pesa il caso Palamara sulla prossima riforma della giustizia e in particolare su quella del Csm?
«Spero non sia l'ennesima occasione sprecata. Negli ultimi vent'anni il tema della giustizia è stato al centro del dibattito pubblico, scatenando i più aspri contrasti tra le forze politiche, con disagio tra gli operatori e sconforto tra i cittadini. Oggi occorre da un lato assicurare l'indipendenza della magistratura, specialmente quella giudicante ed evitare che essa si estranei completamente dalla vita del Paese, divenendo un corpo autoreferenziale.
La separazione della carriere dei magistrati, la riforma del Csm, la rivisitazione dell'obbligatorietà dell'azione penale sono temi che non consentono un approccio emotivo o populistico. Ne va dell'essenza delle Istituzioni, dei fondamenti dello stato di diritto. In questo momento s'impone un serio confronto su questi grandi temi».
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