La gioia per l'opportunità di concorrere per un posto in Parlamento velata, almeno in parte, dalla decisione della Rai di rinviare la messa in onda de «Il nostro generale», miniserie dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo, dove si era da poco insediato come prefetto. Uno stop alla messa in onda presa sulla base del regolamento sulla par condicio che ha spiazzato Rita Dalla Chiesa, candidata alle Politiche per Forza Italia, come capolista al proporzionale della Camera, nel collegio Molfetta-Bari.
Cosa ha pensato quando le è stato comunicato lo stop alla fiction?
«É uno stop temporaneo. Hanno ritenuto di non metterla in onda per ragioni elettorali, la Vigilanza ha regole precise. Francamente non ci avevo pensato e mi è dispiaciuto molto pensando al lavoro pesante che c'è stato dietro questa produzione, agli attori, ai carabinieri che per i 40 anni dell'attentato pensavano di poter rivivere la vicenda della squadra antiterrorismo degli uomini di papà. Mi dispiace perché non pensavo di creare scompiglio nei palinsesti».
Cosa ha provato a vedere Sergio Castellitto nei panni di suo padre?
«Ho visto le prime due puntate e mi è piaciuto molto. Per far capire la professionalità sono stata chiamata da lui e Teresa Saponangelo che impersona mia madre, ho passato un pomeriggio con lui e una mattinata con lei per cercare di far capire i miei genitori nelle pieghe e sfumature del loro essere. Vedendo la fiction li ho ritrovati, sono stati bravi anche gli sceneggiatori. Mi dispiace solo che non possa andare in onda nella ricorrenza del 3 settembre».
Cosa le ha detto Silvio Berlusconi per convincerla?
«Mi ha detto che sarebbe stato contento se fossi entrato in squadra, soprattutto Licia Ronzulli e Antonio Tajani hanno dovuto insistere un po' per convincermi, poi mi sono detta che se continuiamo a respingere la responsabilità e a indirizzarle nelle mani di altri, non viviamo bene questo Paese. Ci tengo a dire che la mia decisione non c'entra nulla con il Grande Fratello, è una vergogna che abbiano potuto associare una cosa seria come una candidatura in Parlamento a un no che avevo detto ai primi di luglio e avevo comunicato ad Alfonso Signorini. É vergognoso questo alludere, sminuire, creare confusione. Se mi fossi candidata a sinistra di sicuro non sarebbe successo».
Con suo fratello Nando ha avuto modo di confrontarsi?
«É stata la prima persona che ho chiamato insieme a Maria Simona, siamo una famiglia molto legata. Sono su posizioni molto diverse, ma sono moderati come lo sono io. Cerchiamo un confronto civile anche tra di noi. Nando mi ha detto se ti fa stare bene perché non farla?».
In passato le era stata offerta la candidatura a sindaco di Roma.
«Lì non me la sono sentita, certo non sono una persona che soffre di manie di protagonismo. Ci sono limiti che dobbiamo riconoscerci. Oggi mi sento più pronta».
Su quale argomento le piacerebbe fare il primo intervento in Parlamento?
«La tutela delle forze dell'ordine, è la mia vita, la prima cosa per la quale mi vorrei battere. Ci sono tante battaglie che ho portato avanti dai tempi di Forum. Nessuno a Mediaset mi ha detto cosa potevo o non potevo dire. Mai. E di certo non cambierò il mio modo di pensare. Forza Italia è un partito libero che guarda al futuro e alla libertà di pensiero, cosa che sinceramente non c'è nell'altra parte».
Giorgia Meloni potrebbe diventare la prima donna premier. Questa circostanza ha innescato un dibattito a sinistra sul femminismo.
«Non sono femminista nel senso che intendono loro, non sono
omofoba, razzista, nulla di ciò che loro pensano sia la destra. Che un politico sia uomo o donna a me non interessa, mi interessa sia valida in un determinato ruolo, per me esiste la meritocrazia, non le donne o gli uomini».
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