Negli ultimi giorni, come nei vecchi film western, ha dovuto intervenire la cavalleria, nel caso specifico, Snam. La società, privata e quotata, è la proprietaria dei tubi di gas e gestisce i depositi di stoccaggio sparsi per la Penisola. Si occupa di tubi e non di gas, ma la legge le attribuisce la funzione di «bilanciare» la domanda e l'offerta all'interno del sistema. Per questo ha sempre comprato e venduto anche un po' di metano. Da quando è scoppiata la crisi ucraina è diventata uno degli strumenti principali utilizzati dal governo per sostenere il livello delle riserve. In aprile, primo mese di alimentazione degli stoccaggi, quando i consumi iniziano a calare e si avvia l'accumulazione per l'inverno successivo, in quattro settimane ha comprato quando di solito comprava in un anno: 700 milioni di metri cubi. In maggio il governo ha puntato sugli incentivi rivolti alle aziende del settore (premi di giacenza e cosiddetti «contratti a due vie»). In giugno però il problema si è riproposto e la settimana scorsa al Comitato emergenza gas messo in piedi dal governo non è rimasto che chiedere a Snam di intervenire di nuovo pesantemente sul mercato: in cinque giorni la società guidata da Stefano Venier (nella foto) ha comprato altri 260 milioni di metri cubi, pari a circa il 2% della capacità dei depositi di stoccaggio.
L'obiettivo fissato dall'esecutivo per giugno (5,4 miliardi di metri cubi) è stato raggiunto e i depositi adesso sono pieni al 57,22% (appena più che nel resto d'Europa). Pure gli azionisti di Snam non hanno ragione di lamentarsi perchè anche se gli acquisti sono avvenuti ai prezzi carissimi di questi giorni, grazie all'intervento di un ente pubblico, la Cassa per i servizi energetici e ambientali, tutta l'operazione si è svolta con un meccanismo di sterilizzazione del prezzo.
Tutto a posto, dunque? Niente affatto, perchè da luglio il tema si riproporrà identico. I russi centellinano il metano facendo salire le tariffe e a questi livelli di prezzo gli importatori (sono meno di una ventina e quelli che contano davvero sono cinque o sei) comprano il meno possibile. La paura è quella di acquistare a costi altissimi e poi di vendere, in inverno, quando magari i prezzi saranno scesi.
Per continuare ad alimentare le riserve il governo dovrà inventarsi qualche cosa d'altro. Arera, l'autorità di settore, ha avviato un sondaggio con gli operatori per capire se e dove gli incentivi possano essere resi più efficaci. Mario Draghi (che ieri ha definito «buono» il livello delle scorte) e i suoi uomini stanno prima di tutto cercando di capire a chi affidare la funzione di compratore di ultima istanza. Snam, che è, come detto, una società privata non appare la scelta preferita. Si parla piuttosto di un ente pubblico come il Gestore dei servizi energetici, che attraverso l'Acquirente unico offre un servizio analogo nel campo dell'elettricità. Di sicuro, a questi livelli di prezzo, il costo per la collettività sarà salato. L'adozione di un tetto al prezzo dei prodotti energetici discusso nel vertice del G7 avrebbe il pregio di calmierare i costi. Ma il meccanismo, in questa forma praticamente inedito, è complicato da studiare ed attuare. E sul piano della governance europea rischia di scatenare qualche cosa di già visto: il consueto gioco di veti e contro-veti tra i diversi Paesi. Non tutti condividono infatti l'entusiasmo per il progetto del premier Draghi.
Senza voler parlare dell'Ungheria, che sulle questione «russe» quasi mai è andata di concerto con i partner europei, l'osso duro sembra l'Olanda, che non ha risparmiato le critiche, per ragioni forse non proprio di principio: è un Paese esportatore di gas e per di più ospita la principale Borsa internazionale del settore. Di solito con L'Aja si schiera Berlino, questa volta, per fortuna potrebbe essere diverso. Se non altro per i problemi di approvvigionamento della Germania, peggiori dei nostri.
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