Ora giù le tasse sul lavoro per rilanciare il Pil. E l'esempio sulle pensioni è la Germania

Il costo medio in Italia è vicino a quello Ue ma è viziato dal cuneo fiscale

Ora giù le tasse sul lavoro per rilanciare il Pil. E l'esempio sulle pensioni è la Germania

Nel 2020 il costo orario medio del lavoratore italiano era di circa 29 euro, un valore in linea con la media europea (28,9 euro). Nello stesso anno i costi orari del lavoro più elevati tra gli Stati membri sono stati registrati in Lussemburgo (47,7 euro), Danimarca (45,7) e Belgio (40,5), mentre i più bassi in Bulgaria (6,6), Romania (8,2) e Ungheria (9,8).

Il dato, però, è «viziato» da un cuneo fiscale tra i più elevati fra quelli dei Paesi sviluppati. Secondo l'ultimo report «Taxing wages 2022» dell'Ocse, infatti, In Italia, nel 2021, il cuneo fiscale per un lavoratore dipendente senza figli con uno stipendio lordo medio (34.032 euro annui) è pari al 46,5 per cento. Il costo del lavoro per l'azienda è pari a 44.779 euro. Il cuneo è pari a 20.831 euro e il netto in busta paga è 23.948 euro. Il cuneo è diviso a metà fra lavoratore e datore di lavoro. Il 24% è costituito dai contributi a carico del datore di lavoro (10.747 euro). Il 22,5% grava sul lavoratore (10.084 euro). Gli oneri per il lavoratore sono rappresentati dall'Irpef (15,3%) e dai contributi (7,2%).

La Germania ha un cuneo fiscale più elevato di quello italiano (48,1%) ma il peso è dato in misura determinante dall'imposizione sui redditi (37%) in quanto i contributi previdenziali (18,5%) sono divisi a metà tra azienda e datore di lavoro. Non è, pertanto, un caso che nel Paese guidato dal cancelliere Olaf Scholz il tasso di disoccupazione sia al 5,6% in quanto il peso dell'imposizione non si carica sul datore di lavoro. Il cuneo fiscale, leggermente più elevato di quello italiano, si confronta con una retribuzione lorda mensile media di 3.349 euro contro i 2.520 euro in Italia.

Ci sono Paesi G20 che hanno un cuneo fiscale inferiore come Canada (27,8%) e Australia (24,9%) ma, a parte le aliquote previdenziali inferiori (in Australia è del 12% ed è deducibile dal reddito), il principio è il medesimo della Germania: i versamenti contributivi devono coprire una pensione minima che può essere integrata con i versamenti volontari del lavoratore per ottenere un montante più elevato, senza considerare che l'età di pensionamento non è vincolante. In Germania ci si può ritirare tra i 65 e i 67 anni. Il pensionamento anticipato comporta una penalizzazione per ogni mese rispetto al raggiungimento della quota di vecchiaia.

Il ragionamento di fondo, tuttavia, è un altro. In mancanza di risorse per un abbassamento della pressione fiscale in generale, la decontribuzione è un modo al tentativo per rendere più competitivo il costo del lavoro e aumentare l'importo delle buste paga. Si liberano così energie per i consumi e, soprattutto, per gli investimenti.

Non è un caso che la battaglia per la riduzione del cuneo fiscale per i redditi lordi fino a 35mila euro sia sostenuta da Confindustria che vorrebbe un «investimento» di 16 miliardi su questo capitolo per tagliare di 2/3 i contributi a carico dei lavoratori che riceverebbero uno stipendio in più (1.200 euro) e di un terzo quelli a carico dei datori di lavoro. È un argomento su cui riflettere in questa manovra e nel corso della legislatura.

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