Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, si è presentato come paladino della «stabilità» finanziaria nel giorno in cui Confindustria e le altre parti sociali sono tornate a chiedere con insistenza di essere coinvolte nella stesura del Recovery Plan e di avviare una concreta riforma fiscale. Speranze che rischiano di essere disattese sia perché il titolare di Via XX Settembre ha tradito lo stato ancora embrionale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sia perché se riforma del fisco sarà, le sorprese negative potrebbero non essere poche.
«Si interverrà attraverso un processo di riforma che si caratterizzerà per il taglio del cuneo fiscale sul lavoro, la revisione complessiva della tassazione verso una maggiore equità, la lotta all'evasione e la revisione del sistema degli incentivi ambientali, di quelli per il sostegno delle famiglie e alla genitorialità e per la partecipazione al mercato del lavoro», ha specificato Gualtieri alle commissioni Bilancio e Politiche Ue del Senato, confermando sostanzialmente quanto emerso nei giorni scorsi: la legge di Bilancio 2021 sarà penalizzante per i redditi più elevati e renderà meno conveniente il ricorso alle fonti fossili, a partire dal diesel. Senza contare che la stretta anti-evasione si prospetta sempre più tecnologica e invasiva
Non meno preoccupante il programma di lavoro per il Pnrr. «Conterrà la descrizione di progetti di investimento e riforma», ha aggiunto Gualtieri per poi annunciare la «definizione del Piano finale si concluderà ad inizio 2021». Un segno che il 15 ottobre assieme alla manovra si presenterà a Bruxelles solo uno «scheletro» al quale non si è riuscito a dare un corpo per via delle divisioni nella maggioranza sui progetti da finanziare.
Il ministro ha tuttavia fornito alcuni ulteriori dettagli sulla Nadef che dovrebbe essere approvata lunedì. Le simulazioni «mostrano che con i fondi del Recovery Plan il trend di crescita, quindi permanente e strutturale, del Pil aumenterà fra 0,2 e 0,5 punti percentuali all'anno a seconda dell'efficienza ipotizzata», ha detto. Oltre ai margini aggiuntivi di deficit l'Italia potrà contare su 15 miliardi di sussidi da spendere l'anno prossimo. «Sono soldi che non danno deficit, che si sommano a quel percorso programmatico che ho indicato: se facciamo il 7% rispetto al 5,7% tendenziale, significa che facciamo l'1,3% in deficit. E sopra questo ci metteremo la quota di grants aggiuntiva, che non conta nel deficit, che saremo in grado di spendere l'anno prossimo, più la quota di React Ue, immaginiamo che parliamo complessivamente di 15 miliardi aggiuntivi, per questo ho parlato di una quarantina di miliardi», ha specificato.
Sono, perciò, destinate a essere frustrate le speranze di Confindustria sul Recovery Plan. «Un buon inizio - ha spiegato in audizione il dg di Confindustria, Francesca Mariotti - sarebbe il superamento dell'Irap, accompagnato da interventi finalizzati al taglio netto dell'imposizione sulle imprese per attrarre e mantenere investimenti in Italia».
L'Abi, invece, ha ribadito «l'opportunità del ricorso al Mes «accompagnato da
un'attenta analisi circa le condizioni di accesso». Bankitalia, infine, ha ricordato che «l'impatto del programma sarà maggiore se gli interventi finanziati saranno aggiuntivi, invece che sostitutivi di misure già approvate».
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