Ora Milano chiude anche le fontane. Verso la zona rossa in tutto il Paese

Situazione sempre più difficile. Gli esperti: "Se continua così dovremo contingentare l'erogazione dai rubinetti di casa"

Ora Milano chiude anche le fontane. Verso la zona rossa in tutto il Paese

L'acqua che esce dalle fontane (e nessuno meglio del governatore della Lombardia, Fontana, dovrebbe saperlo) rappresenta percentualmente meno dello 0,1 per cento dell'utilizzo idrico urbano: insomma, quantità assolutamente irrilevante nell'ottica di un efficace lotta allo spreco idrico che andrebbe invece «ricondotta» (mai verbo fu più appropriato) alla disastrosa condizione in cui «versa» (altro termine assai idoneo a rendere l'idea) la rete degli acquedotti italiani, tra i più danneggiati d'Europa. Nascono da qui le «perdite» che incidono maggiormente sulla tranquillità dei nostri rubinetti. Il problema, in condizioni di normalità, non presenta particolari disagi nell'erogazione regolare del servizio; ma quando ci si imbatte in una emergenza-siccità come quella che stiamo vivendo da settimana, cominciano i guai. Guai grossi. Che, nel classico stile italiano, vengono affrontati non alla radice, ma con misure di tragicomiche come quelle adottate dal sindaco di Milano (e da tanti suoi colleghi nel resto del Paese): chiudere le fontane, proibendo di innaffiare i giardini, vietare di lavare le auto e amenità simili. Il tutto in un'Italia da «bollino rosso» con temperature che ancora per giorni supereranno i 40 gradi e con previsioni meteo che non accennano alla possibilità di «precipitazioni». Qui, l'unica cosa a «precipitare», è invece l'illusione che i contadini possano salvare i raccolti. Con un effetto domino che si ripercuote sulle tasche dei consumatori in termini di aumenti, in primis per frutta e verdura: tra siccità e speculazioni, sui banchi dei mercati i prezzi sono schizzati a cifre record. E fare la spesa è diventato un lusso. Ma potrebbe diventarlo anche bere un bicchiere d'acqua dal rubinetto. Gli esperti infatti non hanno dubbi: «Se non ci sarà un'inversione meteo, contingentare anche l'erogazione idrica domestica sarà obbligatorio». E non solo nelle ore notturne, come già avviene da tempo in molte zone, ma anche durante la fascia diurna. E, col caldo che non dà tregua neppure in casa, far fronte alla sete diventa complesso. Ai poveri sindaci non resta che abbeverasi alla fonte della demagogia, emanando ordinanze burocratically-correct. Come quella fresca fresca (si fa per dire) sfornata (termine più realistico) dal primo cittadino di Milano, Giuseppe Sala, che ha sì lasciato a secco le fontane, prevedendo però una serie di, spassosissime, «eccezioni»: «L'acqua continuerà ad essere irrorata dove sia presente fauna e flora e nei laghetti/rogge dei parchi cittadini e per i nuovi impianti di alberi» (qualsiasi cosa voglia dire «nuovi impianti di alberi» ndr).

Inoltre l'ordinanza di Palazzo Marino, valida fino al 30 settembre, nega «l'irrigazione a spruzzo di giardini e aree verdi», invitando i cittadini «a ridurre al minimo» perfino «l'acqua potabile, compresa quella di uso domestico»: la famosa «acqua del sindaco», che però il «sindaco» non è più disposto a scialacquare, in ogni senso. Restano «operative» le fontanelle, che a Milano si chiamano lugubremente «vedovelle»; almeno loro potranno centellinare qualche «lacrima».

Amara, mai come adesso.

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