Ora Murdoch scarica Trump. Ma lui: "Sono perseguitato"

La svolta del "New York Post": "È indegno". Critiche pure dal "Wall Street Journal". E la Fox segue DeSantis

Ora Murdoch scarica Trump. Ma lui: "Sono perseguitato"

Dal «Rieleggete Trump» del 2020 a Trump «indegno» del 2022. Il New York Post di Rupert Murdoch scarica l'ex presidente, mentre Trump è sull'orlo dell'annuncio della sua ricandidatura alle presidenziali Usa 2024. E all'editoriale del tabloid conservatore si aggiunge quello dell'altro quotidiano dell'editore americano, il più élitario Wall Street Journal. Dal palco del summit degli studenti conservatori dell'organizzazione Turning Point, a Tampa, in Florida, «The Donald» dice di essere la persona «più perseguitata della storia» e conferma che sta scaldando i motori per la nuova discesa in campo. «Non vogliono che mi candidi, perché non vogliono che vi rappresenti - ha detto il tycoon accolto dall'ovazione di migliaia di giovani - Se annunciassi di non candidarmi, le indagini finirebbero subito. E invece sapete cosa? Non c'è possibilità che io lo faccia». Ma a confermare che la fronda nei suoi confronti sta crescendo, nonostante il fortissimo ascendente che ancora Trump esercita sulla base elettorale repubblicana, è anche la svolta del tabloid conservatore newyorkese, dopo le conclusioni della Commissione d'inchiesta sull'assalto al Congresso, che ha stabilito come Trump il 6 gennaio 2021 «ha tradito il suo giuramento alla Costituzione», «non ha difeso il Paese» e ha «abdicato ai suoi obblighi». Il New York Post, che aveva sostenuto «The Donald» due anni fa, ora gli volta le spalle per le stesse ragioni: «L'unica cosa che Trump voleva in quel pomeriggio era mettere sotto pressione il vicepresidente Mike Pence affinché non certificasse il voto. Ha pensato che la violenza dei suoi fedeli sostenitori avrebbe raggiunto l'obiettivo».

E al Nyp si aggiunge anche l'altro colosso di casa Murdoch, che non si è mai lanciato in endorsement nei confronti di alcun candidato, ma ora scrive: «Trump ha giurato di difendere la Costituzione e come Commander-in-Chief aveva l'obbligo di proteggere Capitol Hill dall'attacco. Ma ha rifiutato di farlo», afferma il board editoriale del giornale, osservando come «nei 18 mesi» seguiti all'assalto «non ha mostrato neanche l'ombra di pentimento».

«Inadeguato» lo definisce pure la deputata del Grand Old Party, vicepresidente della Commissione del 6 gennaio, Liz Cheney, che sostiene Trump debba «restare il più lontano possibile dallo Studio Ovale» e si dice pronta a perdere le primarie nel Wyoming pur di «difendere la Costituzione e la verità». Il suo intervento è il simbolo della battaglia tra le due anime del Partito repubblicano, quella trumpiana e quella anti-Trump.

«The Donald» nel frattempo non perde il suo smalto e parla a ruota libera dalla Florida: «Stiamo diventando come il Venezuela», dice della presenza «del comunismo nel nostro Paese». E ancora: «Il cambiamento climatico è una bufala». Quanto all'esperienza da presidente: «Non ho preso lo stipendio di 400 mila dollari l'anno, ma soprattutto, hanno detto che ho perso 600 milioni durante il mandato». E intanto l'ex stratega Steve Bannon, condannato per oltraggio al Congresso, definisce le presidenziali 2024 «una guerra ideologica contro i dem che non possiamo perdere». E promette: «Vinceremo noi».

Eppure, sempre per restare in casa Murdoch, anche la filo-trumpiana Fox comincia a dare sempre più attenzione a Ron DeSantis, il governatore della Florida che aspira alla Casa Bianca e, sempre nel week end, ha organizzato una convention del Gop che mostra come lo Stato sia al centro delle sfide sul

futuro del partito. Vari sondaggi mostrano che gli elettori repubblicani si stanno allontanando da Trump e avvicinando a DeSantis. Il governatore, che punta alla rielezione a novembre, sta battendo Trump nella raccolta fondi.

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