Ora la Rai si sveglia. "Sui dossier di Ranucci andremo fino in fondo"

La Corte dei Conti apre un'inchiesta. "False fatture? Pagherebbero gli amministratori..."

Ora la Rai si sveglia. "Sui dossier di Ranucci andremo fino in fondo"

La Corte dei Conti si muove, il Copasir indaga, la Vigilanza va avanti e finalmente la Rai si sveglia. Dopo il video del 2014 ripescato dal Riformista il caso Report si allarga a macchia d'olio e la posizione di Sigfrido Ranucci si fa più complicata. Come ipotizzato dal Giornale i magistrati contabili che vigilano sulle casse della tv vogliono capire se hanno qualche fondamento le illazioni su un giro di false fatture con la complicità dei servizi segreti ipotizzato da Ranucci in un filmato registrato a sua insaputa e rispuntato oggi. «Era un bluff», è la tesi di Ranucci, uscito immacolato dal processo per dossieraggio chiesto dall'allora sindaco di Verona Flavio Tosi. Secondo una soffiata, il leghista era ricattato dalla 'ndrangheta, che lo teneva in pugno con la minaccia di un video hard. L'allora braccio destro di Milena Gabanelli aveva lasciato la sua scrivania per verificare di persona la voce, andando a millantare amicizie nei servizi e dossieraggi pur di avere un filmato che probabilmente non esiste. «Un trappolone dopo 17 anni di onorata carriera», dirà amareggiata la Gabanelli.

Se la Procura guidata da Pio Silvestri trovasse qualcosa fuori posto sarebbe un guaio. «Anche perché in quel caso sarebbe danno erariale e pagherebbero in solido anche gli amministratori», si lascia scappare un funzionario di Viale Mazzini. Anche la Vigilanza Rai guidata dall'azzurro Alberto Barachini audirà il responsabile dell'Ufficio Acquisti della Rai. «Serve chiarezza», scrive Barachini nella lettera alla presidente Marinella Soldi e all'amministratore delegato Carlo Fuortes, con un passaggio anche sui messaggi minatori e allusivi che Ranucci ha spedito ai parlamentari suoi «controllori» Andrea Ruggieri (Fi) e Davide Faraone (Iv), paventando l'esistenza di 78mila dossier da usare contro i politici «che pippano e vanno in barca». Vogliamo essere «costantemente e tempestivamente aggiornata su sviluppi ed esiti dell'Audit» aperto su Ranucci, scrive ancora Barachini. Nelle stesse ore il commissario Ruggeri riferiva al Copasir su sms e dossieraggi. «Non posso parlare», dice al Giornale prima di salire in aereo.
Alla fine la Rai si fa viva: «È nel pieno interesse dell'azienda fornire tutte le informazioni sugli sviluppi degli accertamenti in corso». Ranucci capisce che è meglio abbassare i toni e avverte i suoi via social: «Vi terrò come sempre informati». A difenderlo è il consigliere Rai Riccardo Laganà: «Sono seriamente preoccupato per i furiosi attacchi che sta subendo da tempo il giornalismo di inchiesta e investigativo Rai, sembra come un monito...».

Le cose stanno un po' diversamente. È vero che l'audit Rai non ha creduto al dossier che vede Ranucci al centro di storielle piccanti con colleghe di Report consenzienti (ma su un presunto caso di mobbing su una collega cacciata dalla trasmissione dopo 22 anni non si è andati in fondo), è altrettanto vero però che la sbruffonata di Ranucci con i presunti emissari della 'ndrangheta serviva a far saltare fuori un video. Nella sentenza di assoluzione infatti si legge: «Dinanzi alle insistenze del politico Ranucci assumeva un atteggiamento altalenante: in alcuni casi rispondeva in modo veritiero, in altri abbozzava mezze verità, in altri ancora diceva menzogne per enfatizzare l'autorevolezza della trasmissione Report e del dossier su Tosi e indurre l'interlocutore a rivelare quanto a sua conoscenza». E se fosse esistito? Ranucci l'avrebbe comprato, visto che aveva con se i moduli per la falsa fattura, commettendo un reato? I giudici quindi non dicono se il «metodo» che Ranucci dimostra di conoscere è reale o meno. La Cassazione sui cronisti che violano la legge in cambio di notizie è chiara: «I giornalisti non possono commettere reati strumentali, prodromici e funzionali alla acquisizione della notizia, sia pur di interesse pubblico, contando sull'effetto salvifico della scriminante dell'esercizio del diritto ad informare». E questo il giornalismo d'inchiesta?

Peraltro qualcuno fa notare che da tempo Report non collabori più con il Ciji, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, che coinvolge le testate più autorevoli. Colpa di un'accusa di Ranucci all'Espresso sull'audio sui presunti fondi russi alla Lega, che Report aveva ma non ha capito in tempo: «Sono molto approssimativi, l'abbiamo verificato in diversi lavori che abbiamo condiviso.

Si attribuiscono meriti che non hanno», disse Ranucci alla Verità. Frasi costate l'espulsione dal Ciji perché il codice deontologico del consorzio prevede che non si screditi gli altri componenti. Altro che giornalismo d'inchiesta.

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