"Ora rischio la vita per un Buon Natale"

Gli estremisti lo vogliono morto dopo che ha messo in rete un video con gli auguri

"Ora rischio la vita per un Buon Natale"

«Taseer ha insultato Allah e il profeta Maometto superando ogni limite. Ecco perché è meritevole di morte». È questo il testo della fatwa che il gruppo estremista islamico pakistano Sunni Tehreek ha emesso contro Shaan Taseer. Ma che cosa ha fatto questo musulmano sposato, padre di due figli ed esperto nel settore finanziario per meritare la morte? Ha augurato ai suoi amici «Buon Natale» in un video diffuso su Facebook, chiedendo a tutti di pregare per le vittime di discriminazione religiosa e in particolare per Asia Bibi, la donna cattolica condannata all'impiccagione in base a false accuse di blasfemia e in prigione da oltre sette anni. C'è anche un altro motivo per cui il caso è finito sulle prime pagine di tutti i giornali pakistani e non solo: Shaan è figlio di Salman Taseer, il governatore musulmano del Punjab, la provincia più importante del Pakistan, ucciso nel 2011 per avere osato difendere Asia Bibi e criticare la legge sulla blasfemia. Il suo assassino, Mumtaz Qadri, è stato condannato a morte per omicidio e impiccato l'anno scorso, ma viene esaltato nel paese come un «eroe dell'islam». Dopo avere emesso la fatwa, gli estremisti hanno fatto anche pressione sulla polizia di Lahore, capitale del Punjab, che ha aperto un'indagine ufficiale per blasfemia. «Vogliono vedermi morto come mio padre», dichiara al Giornale Shaan Taseer, che al momento si trova fuori dal Pakistan, ma per ragioni di sicurezza non può rivelare dove. «Ho paura per la mia sicurezza e quella della mia famiglia».

Augurare buon Natale è vietato in Pakistan?

«Bisogna chiederlo agli estremisti. Il Natale è un periodo di felicità per tutti, non solo per i cristiani. Io durante la vigilia di Natale non ho fatto altro che chiedere una preghiera per coloro che soffrono la persecuzione religiosa. In particolare ho citato Asia Bibi, privata dei suoi diritti in carcere, e ho ribadito che la legge sulla blasfemia è disumana».

E ora si ritrova «blasfemo».

«I capi di imputazione della fatwa sono due. Primo: solidarizzare con un accusato di blasfemia costituisce reato di blasfemia. Secondo: affermare che la legge sulla blasfemia è disumana costituisce blasfemia».

Per gli islamisti ora è «meritevole di morte». Che cosa potrebbe accadere?

«Con una fatwa del genere si dà il permesso a chiunque di farsi giustizia con le sue mani. È una sentenza di morte. Chiunque è autorizzato ad assassinarmi ora. Non ci sono dubbi riguardo alle loro intenzioni: questo è incitamento all'omicidio».

La stessa cosa è stata fatta con suo padre Salman Taseer.

«Sì, ho già ricevuto molte minacce di morte via internet, messaggi che glorificano Mumtaz Qadri, l'assassino di mio padre, e incitano ad uccidermi».

Perché è così difficile fermare gli estremisti islamici in Pakistan?

«Da anni purtroppo il Paese è diventato terreno fertile per reclutare jihadisti. Ci sono gruppi religiosi che continuano a sfidare la legge dello Stato e a metterla in discussione. Agiscono al di fuori della legge e sono molto potenti».

Ha paura?

«Sì, temo per la mia famiglia. Ma non cambierò le mie idee».

Fuori dal Pakistan non si sente al sicuro?

«No. La minaccia è pericolosa ed è internazionale, a causa della diffusione dei social media. Chiunque nel mondo potrebbe applicarla. Basta guardare cos'è successo l'anno scorso a un negoziante musulmano pakistano a Glasgow (Asad Shah, appartenente alla setta di minoranza islamica degli ahmadi, considerata eretica dai sunniti, ndr): è stato assassinato per avere augurato ai cristiani buona Pasqua su Facebook».

Perché ha registrato quel messaggio se sapeva che era così pericoloso?

«Io credo fortemente che tutti gli esseri umani siano uguali, a prescindere dalla religione. Ma in Pakistan abbiamo leggi, come quella sulla blasfemia o il secondo emendamento della Costituzione, che discrimina gli ahmadi, che cercano di creare differenti classi di cittadini: alcuni di serie A, altri di serie B.

Queste leggi sono disumane, ingiuste, incostituzionali e incivili. È dovere di tutti cercare di abolire questa crudeltà legalizzata, che crea solo dolore e sofferenza. Non si può accettare di vivere in un Paese dove la discriminazione è istituzionalizzata».

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