Orbán cavalca l'emergenza per prendere i pieni poteri

Il premier ungherese ora può governare per decreto, sospendere leggi e pure il Parlamento

Orbán cavalca l'emergenza per prendere i pieni poteri

Possibilità di governare per decreti, di sospendere il Parlamento e alcune leggi esistenti, di incarcerare chi diffonde notizie false e chi vìola la quarantena, oltre che di bloccare qualunque elezione o referendum finché tali misure saranno in vigore. Ieri pomeriggio il Parlamento ungherese ha approvato - 137 voti favorevoli, 53 contrari e 9 astenuti - un pacchetto di norme straordinarie per contrastare l'epidemia da coronavirus che di fatto dà pieni poteri al primo ministro, Viktor Orbán, e del quale queste sono le novità considerate più controverse.

Sarà lo stesso premier magiaro a decidere fin quando resteranno valide, perché le nuove leggi estendono a tempo indeterminato lo stato di emergenza dichiarato in Ungheria lo scorso 11 marzo, nonostante al momento il Paese sembri mantenere sotto controllo la situazione, con 447 contagiati e 15 vittime (a ieri). A quanto comunicato dal governo, il regime straordinario cesserà con la fine dell'emergenza («Sono norme limitate nel tempo e nell'obiettivo», ha detto il segretario di Stato Bence Retvari), anche se lo stesso Orbán ha spiegato di non aspettarsi il picco di contagi prima di giugno o luglio.

La proposta avanzata dalle opposizioni di introdurre nel testo un limite temporale di 90 giorni è stata rifiutata dal primo ministro, che d'altronde all'Assemblea nazionale può contare su una maggioranza - guidata dal suo partito, Fidesz - di due terzi dei seggi, la soglia necessaria per far passare la riforma. E anche per revocarla, eventualità che dunque resta nelle mani del premier.

A sollevare dubbi, oltre alla svalutazione del ruolo del Parlamento, che il governo a partire da oggi potrà bypassare, è l'introduzione di due nuovi reati: il primo riguarda la diffusione di «informazioni false o distorte che interferiscano con la protezione della cittadinanza» o che possano «allarmarla o agitarla», per il quale sono previsti fino a 5 anni di carcere, l'altro punisce la violazione della quarantena o dell'isolamento con la detenzione fino a 8 anni. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, la prima in particolare potrebbe fare da pretesto per colpire i giornalisti non filo-governativi.

Orbán, alla guida del Paese dal 2010, ha promesso di fare uso dei pieni poteri «proporzionatamente e razionalmente». In oltre 100mila hanno firmato una petizione che gli chiedeva di non varare le misure straordinarie, e altre critiche potrebbero arrivargli dall'Unione europea, con cui Budapest si è già scontrata nei mesi scorsi su immigrazione, stato di diritto e libertà d'espressione. L'Ungheria, inoltre, è tuttora sotto procedura a Bruxelles per essere andata contro i valori fondanti dell'Ue, e con il Partito popolare europeo, il gruppo di Fidesz all'Europarlamento, i rapporti rischiano di peggiorare: a causa della campagna anti-europea del governo ungherese (anche contro l'allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker) a marzo dell'anno scorso il Ppe aveva decretato la sospensione di Fidesz dal gruppo, prorogata ulteriormente solo poche settimane fa. Dalla Ue, per il momento, contro le nuove leggi sono intervenuti i Verdi e i Socialisti e Democratici, secondo cui «con il Covid-19 come copertura, Orbán sta smantellando la democrazia davanti ai nostri occhi».

Dall'Italia è arrivata la denuncia dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Dopo quello che ha fatto Orban oggi, l'Ue deve battere un colpo e fargli cambiare idea. O, più semplicemente, cacciare l'Ungheria dall'Unione», ha twittato dopo il voto dei parlamentari ungheresi.

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