La mimica facciale non mente. E rende evidente, ben oltre le frasi di circostanza, quanto fosse grande il disagio sia in Volodymyr Zelensky che in Viktor Orbán al termine del loro faccia a faccia ieri a Kiev. Il premier ungherese, in questi mesi principale argine agli aiuti europei all'Ucraina anche e soprattutto per la sua acclarata vicinanza a Putin, è andato in Ucraina in visita ufficiale come presidente di turno dell'Ue e, come abitudine, ha sparigliato le carte. «Cessate il fuoco immediato per accelerare i negoziati di pace», ha proposto Orbán. Con Zelensky che ha prontamente replicato come il suo Paese abbia bisogno di «una pace giusta». Che, naturalmente, non somiglia nemmeno un po' alla resa richiesta da Mosca o al congelamento del conflitto ipotizzato dal premier ungherese. Porpio mentre gli Stati Uniti annunciano che a breve invieranno altri 2,3 miliardi di dollari di aiuti all'Ucraina sottoforma di armi anticarro, intercettori, e munizioni per i sistemi Patriot e altri sistemi di difesa aerea.
Un vertice che in ogni caso potrebbe rivelarsi proficuo, in qualche modo, anche se non è chiaro quali posizioni abbia portato al tavolo Orbán. Se le sue personali, quelle dell'Ue (fino all'altro ieri schierata in blocco al fianco di Kiev, e non risulta abbia modificato nulla) o addirittura quelle dell'amico Vladimir. «È importante che l'Europa mantenga il sostegno militare all'Ucraina mentre l'esercito sta lottando per contenere gli attacchi sferrati dal terrore russo», ha sottolineato Zelensky che ha chiesto esplicitamente al primo ministro ungherese di continuare a sostenere gli aiuti militari europei a Kiev a cui molte volte si è messo di traverso. «Abbiamo discusso delle questioni fondamentali delle nostre relazioni di vicinato: commercio, cooperazione transfrontaliera, infrastrutture ed energia. Abbiamo parlato anche della sfera umanitaria, di tutto ciò che influisce sulla vita della nostra gente sia in Ucraina che in Ungheria», ha poi detto il leader ucraino, specificando che «il contenuto del nostro dialogo su tutti questi temi può costituire la base per un nuovo documento bilaterale tra i nostri Paesi che regolerà tutte le nostre relazioni, si baserà su un approccio reciproco alle relazioni bilaterali tra Ucraina e Ungheria e consentirà ai nostri popoli di godere tutti i vantaggi dell'unità dell'Europa», possibile segnale di distensione nelle relazioni future. «Il mio primo viaggio dopo aver assunto la presidenza del Consiglio dell'Ue mi ha portato a Kiev per un incontro con il presidente Zelensky. Ho valutato la possibilità di un cessate il fuoco entro una scadenza, che potrebbe offrire l'opportunità di accelerare i negoziati di pace. Riferirò immediatamente i miei risultati al Consiglio», ha detto in serata Orbán.
Timide le reazioni dei partner europei, evidentemente spiazzati dalla fuga in avanti di Orbán. Tra i pochi a commentare con favore il faccia a faccia, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. «Questa del cessate il fuoco è una proposta che è sul tavolo da tempo ma da quanto io ne so gli ucraini si sono sempre mostrati riluttanti ad accettare senza garanzie.
Noi speriamo davvero che ci possa essere una tregua e poi un negoziato», ha detto, spiegando che riguardo la mediazione tra le parti attraverso lo scambio di prigionieri che la santa sede sta portando avanti da tempo, «è distinta da quella dei bambini, continuerà questa attività positiva per creare condizioni che potrebbero favorire la pace e aiutare i negoziati». Un percorso che, allo stato attuale, resta comunque decisamente in salita.
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