
Antonio Tajani sta per partire per Valencia, Spagna, dove si apre oggi il Congresso del Ppe. Nella testa e negli occhi ha l'ultimo appello alla pace di Papa Francesco, quell'incontro su due sedioline rosse a San Pietro tra Trump e Zelensky proprio ai suoi funerali e le speranze di un accordo con Putin. Ma anche gli sforzi necessari per raggiungere una tregua tra Israele e Hamas, le preoccupazioni per il commercio estero e i dazi, per la competitività delle nostre imprese, per l'immigrazione. E su tutto questo, il ruolo dell'Europa, la sua unità, il riarmo. Di questi temi e di altri ancora, il leader di Forza Italia si prepara a discutere e a confrontarsi con i massimi esponenti degli altri partiti popolari europei. Al congresso, in questi tre giorni, il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, contribuirà a definire la linea del partito maggioritario all'Europarlamento. Ppe di cui è vicepresidente ininterrottamente dal 2002, ora pronto alla riconferma, al fianco del numero uno in pectore, l'unico candidato Manfred Weber.
Forza Italia, che in Italia rappresenta il Ppe, si è preparata a questo congresso con una serie di iniziative in tutti i settori, qual è il vostro primo messaggio?
«Noi popolari europei vogliamo essere garanti della stabilità in Europa, avviando una rivoluzione pacifica, per cambiare l'Unione, renderla più efficiente sul piano del mercato unico e dell'energia innanzitutto e per contare di più. Il Ppe deve costruire una nuova Europa, per tagliare l'erba sotto i piedi dei populisti e per contrastare gli estremismi di destra e di sinistra. Serve uno scatto istituzionale, non possiamo rimanere fermi».
E come si cambia questa Ue?
«Con l'elezione diretta del presidente della Commissione, che deve esserlo anche del Consiglio europeo, con più poteri al parlamento, a cominciare finalmente da quello di iniziativa legislativa. Poi bisogna ridurre il fardello burocratico e l'eccessiva regolamentazione: noi proponiamo che per ogni nuova regola introdotta ne vengano cancellate due. Avvieremo un grande dibattito per avvicinare l' Europa ai cittadini. Anche sulla lotta al cambiamento climatico serve una difesa dell'ambiente che tenga sempre al centro l'uomo, parte del Creato, secondo il messaggio di Francesco, mentre troppe scelte finora hanno messo da parte la questione sociale, con una visione panteistica alla Timmermans e alla Greta Thunberg».
Lei è appena stato al funerale di Papa Bergoglio, dove si sono incontrati i grandi della terra e abbiamo visto il dialogo in un angolo della basilica del presidente americano e di quello ucraino. Si aprono nuovi spiragli di pace?
«Il cristianesimo è la religione della pace, ma sempre una pace giusta come diceva San Giovanni Paolo II. Siamo impegnati su tutti i fronti per arrivarci, dall'Ucraina al Medio Oriente, dall'Iran al Sudan. Il colloquio tra Trump e Zelensky è stato l'ultimo atto per la pace del Papa, un passo avanti fondamentale».
La proposta americana che l'Ucraina dovrebbe accettare porterebbe ad una pace giusta?
«Voglio essere ottimista, ma ora tutto dipende dal presidente russo Putin. La proposta americana può essere accolta se rispetta l'integrità territoriale e non consiste in una resa».
Ma si vorrebbe il riconoscimento della Crimea alla Russia.
«Dovranno fare passi in avanti tutti, l'importante però è aver ripreso il dialogo».
E per la pace in Medio Oriente, che sviluppi possono esserci?
«Sono stato in Egitto, per sostenere la mediazione di questo Paese arabo tra Israele e Hamas. La guerra deve finire, non possiamo continuare a vedere ogni giorno tutti questi morti. Adesso bisogna capire questa proposta di Hamas di rilasciare tutti gli ostaggi in cambio di una tregua di 5 anni».
È realistica?
«Si deve trovare un accordo con Hamas, ma Hamas non può essere il futuro della Palestina. Solo un'Autorità palestinese rinnovata può essere l'asse portante di un accordo per due popoli e due Stati. Ne ho parlato ai funerali in Vaticano anche con il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa».
Sono stati funerali importanti, in questo momento storico, anche perché hanno riunito tutte le parti dei grandi conflitti.
«Incontri solo informali, però, perché bisognava portare rispetto alla cerimonia religiosa per il Papa».
Per la pace sono stati significativi anche i colloqui a Roma tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare. Che ruolo gioca davvero l'Italia sul piano internazionale?
«Si è dimostrato che Roma è luogo di pace e di dialogo e anche in occasione dei funerali la capitale è stata all'altezza della situazione con una straordinaria organizzazione in pochi giorni, che tutti i Paesi ci hanno riconosciuto. L'Italia è protagonista, in prima fila su molti fronti».
Lei è anche ministro del commercio estero e al congresso del Ppe farà un intervento sull'Europa e la competitività delle nostre imprese. Sui dazi c'è qualche schiarita e il governo Meloni potrà favorire uno sviluppo positivo?
«Bisogna dialogare e mi pare che il clima sia più sereno. Non dobbiamo mai rinunciare al confronto, cercando soluzioni concrete. E anche in questo senso il ruolo dell'Italia è sempre più centrale nel mondo e in Europa».
L'accordo raggiunto tra Cdu/Csu e Spd per il nuovo governo Merz in Germania riporta al centro dell'Europa questo Paese che ha attraversato una profonda crisi.
«Sarà fondamentale, serve più Germania in Europa e si tratta del nostro principale interlocutore. Le nostre economie sono legate, siamo la prima e la seconda manifattura d'Europa. E, come in passato partiti come la Dc e la Cdu hanno sempre rafforzato il dialogo tra gli Stati, anche adesso Forza Italia farà lo stesso con il governo Merz».
A Valencia lei farà tre interventi.
«Sì, come vicepresidente uscente che si ricandida, come leader di Fi e per illustrare la nostra risoluzione sulla competitività delle imprese. Comincio oggi con l'assemblea politica preparatoria e sarà nominata Dolors Montserrat segretario generale del Ppe».
Sull'Europa i tre partiti della coalizione di governo si sono distinti su molti temi, dal riarmo ai dazi: riuscite a governare senza problemi?
«Il centrodestra è unito, non si facciano troppe illusioni a sinistra. È chiaro che Fdi, Fi e Lega sono tre partiti, ognuno con la sua identità, ma abbiamo un comune denominatore e le decisioni le prendiamo insieme. Noi di Fi abbiamo un'identità cristiano, liberale, garantista, europeista e atlantista, sempre coerente.
Fin dal 1994, quando Silvio Berlusconi fondò il centrodestra, siamo stati uniti, anche se apparteniamo a tre famiglie diverse nell'Europarlamento. Le nostre differenze non minano l'alleanza e quando si vota sulle questioni centrali lo facciamo sempre alla stessa maniera».
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