N on lo chiamano per traghettare, ma lo scelgono per chiudere come accade sempre agli ectoplasmi, gli uomini senza qualità, incaricati di facilitare l'agonia. E infatti sale di grado nella catastrofe e diventa capo del M5s, causa abbandono di Luigi Di Maio, il primo homo toninellus, quel Vito Crimi, sconclusionato capogruppo delle origini, che riuscì a perdersi al Senato tanto da chiedere ai commessi: «Aiuto! Mi sono perso». Promosso con il sotto titolo di «reggente», il primo partito di maggioranza finisce nelle mani di questo assistente di Corte d'Appello, 47 anni, nato a Palermo («Ho abitato nel difficilissimo quartiere di Brancaccio. Ho votato in passato Rifondazione e An»), ma trasferitosi a Brescia dove ha conquistato sul campo, anzi, in birreria, («Non avevamo sedi, ci incontravamo all'Antica Birreria Würher») il prestigioso titolo di «capopanza». Come testimoniava il filosofo Emanuele Severino, altro bresciano, dato che l'essere è quasi sempre il nulla, nel 2013 con meno di 381 voti Crimi ha strappato la candidatura a senatore e si è perfino presentato come candidato governatore della Lombardia. La sorte gli preparava un futuro più importante. Soprattutto per i lombardi.
Per dare ai suoi elettori la possibilità di conoscerlo meglio, ha aperto un sito dove la trasparenza era tale che ha inserito la sua lista di nozze e le scene da un matrimonio (il primo), di lui vestito in tight e sul predellino di un Rolls Royce. Protagonista del primo streaming della politica italiana con Pier Luigi Bersani, venne bacchettato da Roberta Lombardi, altro capogruppo 5s, «non chiamarmi onorevole, ma cittadina!». Insieme erano più pericolosi dell'Iran. Tra i più duri a chiedere l'ineleggibilità di Silvio Berlusconi, mancò l'appuntamento per la votazione (era la volta che si era perso).
Calato nella parte di politologo ha offerto sin da subito la sua incompetenza teorizzando la vacatio come soluzione: «Bisognerebbe fare come il Belgio. Stare un anno e mezzo senza governo». Scelto da Beppe Grillo come autista nella sua prima visita al Quirinale, fece sapere ai cronisti che «Beppe ha tenuto sveglio il presidente». Anticipava la scena che lo ha fatto conoscere al Paese: si addormentò in aula per la fortuna dei paparazzi che ancora vendono quella imprescindibile diapositiva. Fiorello se ne impossessò: «Crimi non dorme, è solo in collegamento telepatico con Casaleggio». Per lamentarsi dell'indolenza del parlamento, in radio ha dichiarato: «La verità è che non facciamo un cazzo...». Giurò anche che si sarebbe opposto alla Tav: «Dovete passare sul mio cadavere». Si sa come è finita. Ma il genio lo manifestò interamente quando ha avuto il coraggio di parlare del complotto dei piedi lerci. Su Facebook inserì la fotografia dei piedi sporchi del figlio. La causa? Le polveri inquinanti. Un giorno forse anche Grillo dovrà spiegare come ha lasciato che Crimi venisse indicato rappresentante 5s al Copasir, e poi sottosegretario all'editoria, responsabile per la ricostruzione nelle aree terremotate, oggi all'Interno viceministro del prefetto Luciana Lamorgese, costretta a confrontarsi con lui e con Carlo Sibilia, il grillino che non crede nello sbarco sulla Luna. Dei due non si sa stabilire chi sia il migliore.
Odiatore seriale dei giornalisti, forte del ruolo che ha avuto all'editoria, ha minacciato la stampa, chiesto l'abolizione dell'Ordine, prima di dedicarsi (continua ancora) alla missione di spegnere Radio Radicale. Ultimamente si occupa, nel tempo libero, all'operazione «chiusura Foglio» perché da democratico quale (non) è «a mio avviso non produce informazione, ma letame».
Prima di morire, la voce del tabacco e dello scetticismo radicale, Massimo Bordin, lo ingabbiò per sempre così: «Crimi, il gerarca minore».
E per gli attivisti era «Vito lo smentito», per i colleghi «Vito l'orsacchiotto», e tutto questo nonostante (su consiglio della comunicazione 5s) abbia perso peso, sistemato gli incisivi, tolto gli occhiali, risposato con la deputata 5s Paola Carinelli. Rimane il vaffa primo del vaffa, l'Obelix dello sputo diretto.
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