C'è il Qatar al centro dell'improvviso e preoccupante terremoto politico che sconvolge il mondo arabo. Ieri mattina quattro Paesi alleati - l'Arabia Saudita, l'Egitto, il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti - hanno annunciato simultaneamente l'interruzione delle loro relazioni con il piccolo ma ricchissimo e influente emirato del Golfo. Le motivazioni addotte sono le stesse per tutti: il Qatar viene accusato di mettere a rischio la sicurezza nazionale e di sostenere il terrorismo internazionale d'intesa con l'Iran. Una dichiarazione di guerra (ma senza risvolti militari) a un Paese che da anni svolge un ruolo internazionale, attivo ed ambiguo, sproporzionato rispetto alle sue dimensioni ma reso possibile dalle immense ricchezze che Doha accumula grazie alla vendita di idrocarburi.
I quattro Paesi, ai quali si sono poi allineati lo Yemen, il governo filoegiziano della Cirenaica libica guidato dal generale Haftar e perfino le Maldive, hanno chiuso le loro frontiere ai cittadini qatarioti e hanno informato quelli presenti sui loro territori che dovranno lasciarli entro due settimane. Il Qatar è stato anche escluso dalla coalizione militare araba che interviene nello Yemen contro i ribelli filoiraniani Houthi. Sono stati interrotti, inoltre, i collegamenti aerei tra tutti questi Paesi e l'emirato, e la sede di Riad della tv satellitare qatariota Al Jazeera è stata chiusa.
Mosse pesanti, che si spiegano con il ruolo del Qatar nei confronti di ciascuno dei Paesi coinvolti nell'azione di ieri su una serie di questioni di prima grandezza: così l'Egitto rinfaccia al Qatar il sostegno offerto ai Fratelli Musulmani, nemico giurato dell'attuale presidente al-Sisi; l'Arabia Saudita e il Bahrein accusano Doha (e indirettamente Teheran) di finanziare gruppi ostili alle monarchie al potere; lo Yemen critica la concreta vicinanza del Qatar ai «golpisti Houthi», ovvero alle milizie sciite nemiche del presidente Mansour Hadi, generosamente finanziate dall'Iran. Sono queste le azioni che vengono poste sotto l'etichetta generica di «attentato alla sicurezza nazionale». C'è però anche il capitolo del sostegno sottobanco che il Qatar viene accusato di fornire all'Isis, e qui hanno un peso le pressioni esercitate dagli Stati Uniti, il cui presidente Donald Trump ha visitato Riad alla fine di maggio.
Ma che cosa ha scatenato questa azione diplomatica improvvisa e simultanea? Pesano le recenti dichiarazioni pro Iran e Hamas del giovane emiro Tamin al-Thani, ma si parla anche della diffusione di mail tendenziose. È certo che nelle scorse settimane si era svolta una guerra mediatica che ha visto attivarsi un gruppo di hacker che si è presentato come «GlobalLeaks», il cui intento dichiarato era quello di dimostrare che «piccoli Paesi molto ricchi o società usano lobbisti per danneggiare gli interessi americani o quelli dei loro alleati».
Doha ha reagito definendo «ingiustificate» le misure prese ai suoi danni, ma ha espulso alcuni leader di Hamas che risiedevano in Qatar.
Mentre già si parla della messa in discussione dei mondiali di calcio 2022 assegnati al Qatar tra mille polemiche. Già nel 2014 Egitto, Arabia e Bahrein interruppero per otto mesi i rapporti con il Qatar ottenendo infine l'allontanamento da Doha di esponenti dei Fratelli Musulmani. Ma la crisi attuale pare più grave e profonda.
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