La giornata più calda per il governo Draghi si apre con le doglianze di Giuseppe Conte e si chiude con l'accelerazione del premier che pone la fiducia sul dl Aiuti. La minaccia di un incidente in Parlamento e di un'eventuale uscita dall'esecutivo, con il Movimento in fibrillazione sulla permanenza in maggioranza, fallisce.
La crisi non si apre, non ancora, non almeno su questo passaggio parlamentare. La tensione sale e scende col passare delle ore.
Palazzo Chigi decide di blindare il testo del decreto Aiuti con i suoi 23 miliardi di euro a sostegno di famiglie e imprese: oggi viene posta la questione di fiducia, con l'approvazione finale in Aula prevista per lunedì. Poi ci sarà il passaggio al Senato e la conversione in legge entro il 16 luglio.
L'atteso confronto tra il premier e il suo predecessore non apre la crisi, non risolve le incomprensioni, semmai le congela. Nessuno strappo, anche perché l'ala governista dei pentastellati ha lavorato per superare lo scoglio del decreto - che aveva tempi di approvazione troppo stretti per diventare un ultimatum in cui farvi rientrare le richieste del Movimento - e costruire una road map più lunga su cui verificare l'azione del governo. Da Draghi «aspettiamo risposte entro luglio», dice ora il presidente M5s. L'incontro tra Conte e Draghi viene descritto come «positivo e collaborativo», tanto che - assicurano da Palazzo Chigi- nel faccia a faccia «Conte ha confermato il sostegno del M5S al governo». Eppure il leader del Movimento subito dopo il vertice davanti ai cronisti punzecchia, alza la posta e precisa non aver dato «rassicurazioni» al premier sulla permanenza nel governo: «Nessuna cambiale in bianco. La comunità a gran voce mi chiede di portare il M5S fuori. Il futuro della nostra collaborazione è nelle risposte che avremo», ha detto. L'avvocato ha consegnato a Draghi un documento di doglianze in 9 punti programmatici considerati irrinunciabili. Esprime «un profondo disagio politico del Movimento» ed elenca le richieste dei Cinque Stelle per restare nella maggioranza, dal reddito di cittadinanza al superbonus. Eccole, «le ragioni per restare». Ma, evidenziano fonti di palazzo Chigi, «molti dei temi sollevati si identificano in una linea di continuità con l'azione governativa». Tanto che non c'è traccia del tanto vituperato termovalorizzatore di Roma. Non solo il programma. L'ex premier si è lamentato con Draghi di un mancato richiamo a Di Maio quando il ministro si è espresso contro il Movimento: "Non ha trovato occasione e tempo per intervenire e richiamare il suo ministro che, palesemente, esercitava in modo strumentale i suoi doveri di ufficio, gettando evidente discreduto, immotivatamente, sul M5s». E ora "come voterà il M5s sul dl aiuti? Lo decideremo con i capigruppo", spiegava ieri sera Conte prima dell'assemblea parlamentare convocata per definire la linea. Fonti riferiscono che l'orientamento del leader sarebbe quello di votare oggi la fiducia e astenersi lunedì quando è previsto il via libera finale. Ma almeno una trentina di deputati potrebbe non partecipare al voto. Al Senato poi i dissidenti potrebbero essere ancora di più. «I nostri ministri - ha spiegato Conte - già non hanno partecipato la voto in cdm per una norma del tutto eccentrica (sul termovalorizzatore di Roma, ndr) non siamo qui per predicare transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte». L'opposizione attacca: «Il M5s dopo aver posto l'ennesimo penultimatum si accontenta di due pacche sulle spalle.
Le terribili minacce su superbonus e termovalorizzatore si sono rivelate ancora una volta una grande presa in giro», dice il capogruppo di Fratelli d'Italia Francesco Lollobrigida. Punge Alessandro DI Battista da Facebook: «E anche oggi il Movimento 5 Stelle esce dal governo domani».
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