Deve intervenire il Parlamento, dice la Consulta, pur respingendo il ricorso per incostituzionalità dell'intera riforma. E sull'autonomia differenziata i partiti, soprattutto della maggioranza, deve mettersi al lavoro. Si tratta di modificare quella parte della legge dichiarata illegittima dai giudici costituzionali, «colmare i vuoti» segnalati, dice l'Alta Corte.
La corsa prima delle elezioni europee, imposta dalla Lega, è stata vissuta un po' come una forzatura da FdI e Fi che ora, probabilmente, non vedono di cattivo occhio l'opportunità di fare alcuni aggiustamenti. Tanto che Fi fa sapere: «I rilievi vanno nella direzione già indicata da noi che abbiamo sempre sottolineato l'importaza di mettere in sicurezza e definire i Lep».
E poi la sentenza disinnesca la mina di un eventuale referendum, perché le firme già raccolte non possono più essere portate a supporto di una richiesta, visto che alla fine la legge sarà diversa. Si allontana dunque, per Giorgia Meloni, il rischio di doversi confrontare con una chiamata alle urne che inevitabilmente le opposizioni sfrutterebbero contro di lei, come un'implicita valutazione del suo governo.
La pronuncia della Consulta di fatto blocca anche governatori del Carroccio, come il presidente del Veneto Luca Zaia, che premevano per ottenere il trasferimento delle materie cosiddette non Lep, che non rientrano cioè tra i livelli minimi di assistenza. Le correzioni chieste dalla sentenza, infatti, riguardano proprio la definizione di Lep, il loro aggiornamento e finanziamento, attraverso un decreto del presidente del consiglio. Per la Corte costituzionale, il governo non può così limitare il ruolo e la discrezionalità del Parlamento. Gli esperti della Regione «vigileranno», avverte Zaia un po' preoccupato. Il più soddisfatto sembra Roberto Occhiuto, presidente azzurro della Calabria: «Avevo suggerito al governo un surplus di riflessione e una moratoria sull'autonomia differenziata. Oggi la moratoria, con molta più autorevolezza del sottoscritto, la impone la Corte Costituzionale».
Alla Camera c'è un certo intasamento, tra decreti in scadenza come quello sui flussi; e riforme come quella sulla separazione delle carriere tra giudici e pm a quella della Corte dei conti e la legge di Bilancio. Per questo si prevede che l'esame dell'autonomia non inizierà prima di gennaio.
Dice l'azzurro Paolo Emilio Russo, relatore della legge con il vicesegretario della Lega, Alberto Stefani: «Daremo seguito, com'è ovvio, ai rilievi della Corte, che non ha bocciato integralmente il progetto dell'autonomia
differenziata, ma ne ha segnalato alcune criticità. Leggeremo le motivazioni e interverremo, siamo a meno di metà legislatura, abbiamo tempo per farlo e bene, affermando un principio giusto, ma senza creare fratture nel Paese».
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