Un anno fa moriva Marco Pannella. Nel suo ricordo si è tenuto un convegno a Montecitorio, luogo di numerose battaglie politiche del leader radicale. Nella Sala della Lupa della Camera sono intervenuti, tra gli altri, Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, Gianfranco Spadaccia, già segretario e parlamentare del Partito Radicale, il giornalista Stefano Folli, Antonella Soldo, presidente di Radicali Italiani, ed Emma Bonino. "Sarebbe bello dedicare una scuola di formazione politica a Pannella", ha detto il giornalista Maurizio Caprara, che ha moderato l'incontro, intitolato "Quattro generazioni ricordano Marco Pannella". Erano presenti anche tre detenute della Casa circondariale di Roma Rebibbia, come segno di riconoscenza per l'impegno che il leader radicale ha sempre avuto per la situazione carceraria nel nostro Paese. Il convegno era organizzato da Radicali Italiani, insieme ad Associazione Luca Coscioni, Non c'è pace senza giustizia e Certi Diritti. Neanche questo momento, purtroppo, è riuscito a mettere da parte le divisioni in seno al movimento radicale, profondamente diviso in due anime contrapposte. Ma in fondo divisioni, rimescolamenti e contaminazioni fanno parte della vita e della "ricchezza" politica radicale.
In un messaggio inviato al Partito Radicale (l'altra metà della galassia pannelliana), il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato che"riconoscere e affermare i diritti fondamentali dell’uomo è il legato di Marco Pannella. Un impegno continuo, che richiede intelligenza e passione, in tutti i continenti. Sono conquiste che vanno continuamente rese vitali. Dialogo e affermazione dello Stato di Diritto sono obiettivi permanenti. La conoscenza - e il diritto alla conoscenza - è un’altra frontiera della giustizia e del diritto da esplorare con sguardo rivolto al futuro" , scrive ancora il Capo dello Stato. Il messaggio sarà letto integralmente all’inaugurazione di una mostra fotografica sul leader radicale, in programma nel pomeriggio nella sede storica di via di Torre Argentina, a Roma.
"Per molto tempo da parte del Pci e anche da parte mia - ricorda Giorgio Napolitano - non si comprese adeguatamente il valore della presenza radicale, della voce e delle grida di Pannella, della sua sensibilità per decisivi valori di modernità e di civiltà. Gli scontri tra noi nascevano non solo sul terreno delle divergenze di merito, ma piuttosto scaturivano dalle opposte concezioni del fare politica e dai toni che assumeva il confronto tra noi. Non mancarono da parte mia e del Pci chiusure e valutazioni riduttive del suo ruolo e da parte sua ci arrivavano critiche sbrigative e pesanti che riflettevano in particolare una sua tipica tendenza al vittimismo drammatico". Il presidente emerito ha sottolineato anche "la capacità di Pannella e del Partito radicale di aprire l’accesso all’attività politica e alle rappresentanze istituzionali di soggetti estranei a un tradizionale percorso politico. "Egli seppe candidare e far giungere in Parlamento soggetti portatori di singolari qualità culturali o di sofferte vicende di ingiustizie o di misconoscimento ad opera dello Stato", ha detto senza citare nessun nome. "Ancora oggi - ha poi affermato in un altro passaggio del suo intervento - schiettamente non rinnego il fatto di aver considerato con grave dissenso e preoccupazione la radicalità dei mezzi cui venivano affidate proposte e sollecitazioni", come "il dilagante ricorso al referendum e all’ostruzionismo parlamentare". Di certo, ha però aggiunto Napolitano, Pannella pagò "di persona i prezzi le sue battaglie" anche "esponendo la sua salute ad ogni sfida e azzardo con gli scioperi della fame e della sete". A questo proposito Napolitano ha ricordato le tante telefonate fatte dal Quirinale a Pannella "per indurlo dal recedere dalle prassi che si facevano sempre più esiziali per il percorso della sua vita", ma anche allora, ha rivelato, "era resistente ai suggerimenti e alle preghiere che gli rivolgevo".
Ciascuna delle battaglie condotte da Pannella, ha sottolineato la presidente della Camera Laura Boldrini, "ha rappresentato una lezione di coerenza politica, figlia di una passione civile ben lontana dalle logiche del potere fine a se stesso. Ciò lo portò a farsi un convinto sostenitore degli strumenti di democrazia diretta e di forme di lotta politica anche provocatorie, ma sempre rigorosamente non violente. Ritengo sia stato proprio in questo il merito più grande di Marco Pannella: la sua inesauribile ed appassionata tenacia nel voler contagiare la società civile con importanti e sempre nuove sfide di libertà e di democrazia. Anche, e soprattutto per questa ragione, dobbiamo tutti continuare ad essergli grati". "La politica - intesa come lotta per i diritti civili e per la giustizia, come azione di rappresentanza degli ultimi e dei più emarginati della società e come esercizio di un confronto civile e parlamentare su questioni anche molto delicate e complesse - lo ha accompagnato per tutta la sua esistenza, fino alla fine dei suoi giorni".
"Caro Marco - scrive su Facebook il ministro della Giustizia, Andrea Orlando - in questo anno sei mancato tanto a molti di noi, sopratutto ai tanti che hanno poca voce per difendere i propri diritti e che tu hai sempre saputo ascoltare".
"Marco non è mai stato un extraparlamentare - ha ricordato Emma Bonino - ha sempre pensato che le istituzioni potessero essere contagiate e riformate dall’interno e credo che questo sia uno dei suoi insegnamenti più importanti da ricordare. Ci sono tante iniziative in ricordo di Pannella" scomparso un anno fa "e questo testimonia dell’importanza del suo lascito. Mi fa piacere ricordarlo qui alla Camera per il suo amore per le istituzioni".
"Questo primo anno senza Marco è stato il nostro anno più duro - sottolinea Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani -. La sua scomparsa infatti ci ha messi davanti alla necessità di imparare a camminare sulle nostre gambe, e abbiamo appena iniziato. Ma la mancanza di Marco si avverte oggi in maniera ancora più forte, perché in questo anno sono riemerse con drammatica chiarezza alcune delle questioni su cui da tempo aveva lanciato l'allarme. Dalla crisi delle democrazie liberali, al ritorno dei nazionalismi, all'urgenza di costruire e affermare quella che lui chiamava la Patria europea contro l'Europa delle patrie. Così come i rischi, in Italia, di una deriva proporzionalista, i danni di una giustizia lenta e ingiusta e di un debito pubblico incontrollato, la necessità di affermare libertà e diritti civili, perché ognuno possa scegliere come vivere dall'inizio alla fine. Sono queste sfide, anche globali - spiega Magi -, a confermare la grande attualità delle analisi di Pannella e delle sue lotte. Lotte di democrazia e per lo stato di diritto che anche come Radicali Italiani stiamo portando avanti con le nostre disobbedienze civili, le iniziative popolari, forti del metodo nonviolento che Marco ci ha insegnato".
"Marco Pannella ci ripeteva: 'non dobbiamo avere speranza, ma essere speranza' - scrive su Facebook il sottosegretario Benedetto Della Vedova -. Qualche giorno fa a un dibattito sull’Europa un giovane federalista piemontese diceva: noi non dobbiamo volere il cambiamento, dobbiamo essere il cambiamento. Mi ha dato uno spunto potente per ricordare Marco ad un anno dalla morte. Stato di diritto, conoscenza, carceri, libertà civili ed economiche, legalizzazioni, giustizia: senza la conquista quotidiana del millimetro al giorno nella direzione giusta, cioè senza la prassi faticosa ed imperfetta delle concrete iniziative quotidiane, la teoria, anche la migliore e lungimirante, resta sterile. E la prassi, oggi più che mai, deve avere una dimensione transnazionale, a partire da quella federalista europea". E ancora: "Pannella ha insegnato, nelle sue vittorie come nei suoi fallimenti, che anche la profezia più spericolata ha una concretezza militante, una dimensione umana e materiale di giorni e di notti di impegno, di parole, di dialoghi, di incontri e rovesciamenti inaspettati, di unità laiche e mai settarie tra diversi, in nome di valori e interessi comuni. Ad avere reso unico Pannella non è stata solo l’originalità del suo pensiero politico, ma in primo luogo la sua capacità di trasformarlo in azione collettiva e in obiettivi puntuali, perseguibili e raggiungibili. Oggi - prosegue Della Vedova - la sua capacità di essere cambiamento - e non solo di volerlo - e di essere speranza - e non solo di averne - manca all’Italia, ma manca soprattutto a quell’Europa che Pannella, da allievo di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ha ancora avuto tempo di vedere minacciata dai risorgenti nazionalisti e - se fosse ancora vivo - lo troverebbe impegnato, in forma ovviamente 'estrema' e 'esagerata', nel rilancio dell’ideale federalista che i risultati elettorali in Austria, Olanda, Francia e tra poco in Germania rendono di nuovo una prospettiva storicamente concreta".
Su Twitter Marco Cappato ha scritto: "Un anno senza Marco Pannella. Qualche seme attecchirà, in luoghi malfrequentati.
Auguriamoci di saper riconoscere i fiori, che arriveranno". E Marco Taradash ha ritwittato quanto scritto un anno fa: "Ha trasformato milioni di italiani in liberali, e in cristiani, a loro insaputa".
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