L'inchiesta Consip, il filone sui depistaggi e sulle fughe di notizie che per due anni ha fatto tremare la famiglia Renzi e il Giglio Magico e coinvolto anche esponenti di spicco dell'Arma, è chiusa. E tra i nomi delle sette persone per le quali la Procura di Roma si appresta a chiedere il rinvio a giudizio non c'è quello di Tiziano Renzi, il padre dell'ex premier, per il quale i pm hanno chiesto l'archiviazione. È accusato di millantato credito in concorso con l'imprenditore Carlo Russo, reato subentrato a quello iniziale di traffico di influenze illecite quando i magistrati ancora sospettavano che avesse agito da «facilitatore» insieme a Russo per l'assegnazione di appalti pubblici all'imprenditore Alfredo Romeo.
Ma se babbo Renzi può tirare un respiro di sollievo, così non è per gli altri protagonisti della vicenda, a partire dall'ex ministro dello Sport Luca Lotti, accusato di favoreggiamento, al quale è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini, atto che solitamente anticipa la richiesta di rinvio a giudizio. Con Lotti rischiano il processo l'ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, accusato di rivelazione del segreto istruttorio e il generale dell'Arma Emanuele Saltalamacchia, che deve rispondere di favoreggiamento come l'ex presidente di Publiacqua Firenze, Filippo Vanoni. Poi c'è Giampaolo Scafarto, l'ex capitano del Noe oggi assessore alla Sicurezza di Castellammare di Stabia, accusato di rivelazione del segreto e di falso per aver taroccato un'informativa con l'intento di «incastrare» il papà dell'ex segretario Pd attribuendo a Romeo una frase (...Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato») effettivamente pronunciata da Italo Bocchino (per il quale è stata chiesta l'archiviazione). Sospetti di depistaggio anche per l'ex colonnello dei carabinieri Alessandro Sessa.
Questo filone di indagine è partito dalla testimonianza di Luigi Marroni, ex ad di Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione, che ha rivelato ai magistrati di aver bonificato i suoi uffici dalle cimici dopo aver saputo in quattro diverse occasioni da Vannoni, Saltalamacchia, Lotti e dall'ex presidente Consip Luigi Ferrara (chiesta l'archiviazione anche per lui, ndr) di essere intercettato nell'ambito dell'inchiesta principale sulla Consip, quella su presunti episodi di corruzione in cui è coinvolto Romeo. I racconti di Marroni sono stati ritenuti credibili e ora le persone che lo avrebbero avvertito dell'indagine, vanificando il lavoro degli investigatori, rischiano di doversi difendere in Tribunale. Ma se per i pm Marroni è attendibile, altrettanto non si può dire per Renzi. Nonostante la richiesta di archiviazione, infatti, la Procura non ha creduto a tutto quello che ha raccontato nel suo interrogatorio del 3 marzo 2017 sull'amico Russo. Babbo Renzi ha sempre detto di non avergli mai parlato di Consip, ma i pm hanno ascoltato Marroni che sostiene il contrario («In almeno due incontri lo avrebbe pregato di ricevere Russo per dargli una mano»). Si sarebbe però trattato di una «generica raccomandazione». I magistrati ritengono anche che Renzi, contrariamente a quanto sempre sostenuto, abbia incontrato Romeo nel 2015 a Firenze, in un periodo però ritenuto temporalmente troppo lontano dai fatti oggetto di indagine. Ma è pur vero - concludono i pm - che non sono emersi elementi concreti che provassero la partecipazione e una condivisione di Renzi senior ai progetti coltivati da Russo su Consip. Richiesta di archiviazione, dunque, sulla quale ora si dovrà comunque pronunciare il gip.
E grande soddisfazione da parte di Matteo Renzi, che ha sempre sostenuto il padre in questa battaglia: «Sono mesi che ripeto il tempo è galantuomo». L'avvocato Federico Bagattini, difensore di babbo Renzi, denuncia i «gravi danni sul piano personale, familiare ed economico prodotti dalla campagna subita nel corso degli ultimi due anni».
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