Roma. Il voto dei fedeli sul documento finale potrebbe essere la grande rivoluzione del Sinodo dei vescovi che Papa Francesco apre ufficialmente oggi con una solenne messa a San Pietro. Un sinodo dei sinodi, da molti ribattezzato una sorta di «Concilio» del pontificato bergogliano e che, contrariamente ai precedenti durati un anno, porterà la Chiesa a riflettere fino al 2023 sul tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Sul tappeto ci sono i temi della morale, il ruolo delle donne, l'inclusività del mondo Lgbt, il futuro della Chiesa universale.
É stato il cardinale Mario Grech, segretario del Sinodo dei vescovi, a proporre la novità, chiedendo di sottoporre al voto dei fedeli di tutto il mondo il documento finale che emergerà, nel 2023, dal percorso sinodale. Una consultazione che, partendo dal basso, coinvolgerà le diocesi mondiali (avvio della discussione fissata il fine settimana prossimo, domenica 17 ottobre), sfocerà in una prima sintesi di lavoro, l'instrumentum laboris, nel 2022 e poi, dopo ulteriori consultazioni, in un secondo documento, che sarà la base di discussione dell'assemblea finale che verrà celebrata a Roma nell'ottobre del 2023.
Se, dunque, i Sinodi finora svolti si sono conclusi con un documento consegnato al Papa che può approvarlo o modificarlo traendo spunto per una Esortazione apostolica, il documento stavolta arriverebbe al Papa «già accompagnato dal consenso di tutte le Chiese e non limitarsi solamente al placet del vescovo, ma estendersi anche al popolo di Dio da lui nuovamente convocato per chiudere il processo sinodale aperto il 17 ottobre 2021».
Nel suo intervento, ieri mattina, il Papa ha messo in guardia: «Il Sinodo non è un parlamento, non è un'indagine di opinioni, il Sinodo è un momento ecclesiale». E ha sottolineato l'importanza di una comunione di visioni. «Tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione e se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni». Proprio su questo, ha ribadito Francesco, «abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti», soprattutto «delle donne che spesso sono ancora ai margini».
Il Papa ha poi puntato il dito contro il «formalismo» o l'«elitismo» tra i sacerdoti, condannando
«l'intellettualismo, l'astrazione, il parlarci addosso, l'immobilismo». Guai a diventare una «Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire». Insomma, «non bisogna fare un'altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa».
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