Due udienze separate, prima con i familiari degli ostaggi di Hamas, poi con un gruppo di palestinesi di Gaza. Papa Francesco ascolta, si commuove, gli occhi fissi nello sguardo incrociato da chi subisce violenze dal 7 ottobre. Incontri di carattere «umanitario» e non politico, precisa il Vaticano. Con cui Bergoglio vuole «manifestare la sua vicinanza spirituale alle sofferenze di ciascuno».
«Ho ricevuto due delegazioni annuncia Francesco al termine dell'udienza generale - una di israeliani che hanno parenti come ostaggi e un'altra di palestinesi che hanno parenti prigionieri in Israele. Loro soffrono tanto. Le guerre fanno questo ma qui siamo andati oltre le guerre: questa non è guerra, è terrorismo».
I due incontri con il Papa corrono sul filo delle parole. «Non ci può essere nessuna equivalenza tra Hamas che è un'organizzazione terroristica e si fa scudo dei civili e Israele che difende i civili», dice Nadav, uno dei familiari degli ostaggi. «Delusione» viene espressa da un altro parente, Yehuda, perché il Pontefice «non ha nominato Hamas e non ne ha parlato come di un'organizzazione terroristica». Ribatte il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin: «È difficile accontentare tutti. Il Santo Padre si riferisce in termini generici ma chi vuole capire capisce, non c'è bisogno di scendere nei dettagli».
Il gruppo di palestinesi, da parte sua, riferisce di aver invitato Bergoglio a visitare Gaza. «Il Papa ha riconosciuto che viviamo un genocidio», dice Shrine Halil, cristiana di Betlemme, presente all'incontro con il Pontefice. Parola subito smentita dal portavoce della Santa Sede, Matteo Bruni. «Non mi risulta abbia usato tale parola. Ha utilizzato i termini con cui si è espresso durante l'udienza generale e parole che comunque rappresentano la situazione terribile che si vive a Gaza». Replica di nuovo il gruppo di palestinesi. «Siamo in dieci e lo abbiamo sentito tutti».
Nel pomeriggio interviene nuovamente Parolin, per precisare che è «irrealistico» che il Papa abbia parlato di genocidio. Ma le parole di Francesco non sono piaciute nemmeno alla presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Noemi Di Segni, che commenta: «Il Papa mette tutti sullo stesso piano di partenza e di arrivo.
Ma la partenza è il terrore che esegue il disegno di sterminio degli ebrei nel mondo intero mentre la guerra è necessaria alla difesa di Israele e della sua popolazione. Comporta sofferenza ma alle vittime va associato chi è il vero responsabile». Parole, quelle del Papa, che pesano come macigni. Per entrambe le parti.
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