Un vero proprio ultimatum. Che alza il livello della tensione tra i talebani e il resto del mondo che guarda con ansia all'Afghanistan. «Il presidente Biden ha annunciato che il 31 agosto ritireranno tutte le loro forze militari. Se gli Stati Uniti o il Regno Unito dovessero volere più tempo per proseguire i trasferimenti, la risposta è no. O ci sarebbero conseguenze». Parole di Suhail Shaheen pronunciate a Sky News da Doha.
Il fatto è che è quanto meno arduo che entro una settimana gli Stati Uniti e gli altri Paesi (Italia compresa) abbiano ultimato le operazioni di evacuazione di tutte le persone che per vari motivi hanno i titoli per lasciare l'Afghanistan. Parliamo del personale militare (i 9.592 uomini di 36 diversi Paesi impiegati nella missione Resolute Support della Nato), di tutto il personale di supporto, degli afghani che hanno collaborato con i vari contingenti e che quindi sarebbero esposti alle rappresaglie presumibilmente non lievi dei talebani e nei confronti dei quali i governi occidentali hanno maturato un dovere morale al salvataggio, di quelli che hanno i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiati, di personale diplomatico, di lavoratori stranieri. Una popolazione difficile da quantificare e che tenendoci stretti, considerando i nuclei familiari e l'ambizione degli Usa e degli altri Paesi di mettere in sicurezza tutti i vulnerabili e magari anche qualcuno in più (una volta che i militari stranieri avranno lasciato l'Afghanistan, chi li proteggerebbe?), possiamo stimare in almeno 150mila persone. Considerando che si può calcolare che abbiano lasciato già Kabul circa 50mila persone (solo gli Stati Uniti sono riusciti a fare «evadere» 28mila persone dal 14 agosto, 33mila da luglio, la Gran Bretagna 6.631 e l'Italia è riuscita a salvare 1.700 afghani), ecco che mancano 100mila persone da far volare via al più presto. Almeno. C'è chi dice che possano essere molti di più. Ma già così la missione appare improbabile se non impossibile. La folla di disperati che staziona da giorni attorno allo scalo rende molto difficile anche solo raggiungere gli imbarchi, motivo per cui molti voli partono semivuoti. Inoltre nella confusione generale è difficile procurare le credenziali per il viaggio a tutti, soprattutto agli afghani. Domenica sono riusciti a imbarcarsi poco più di 10mila persone ed è difficile che la media giornaliera possa aumentare di molto anche se gli Stati Uniti si apprestano a mettere in campo 18 aerei civili.
Il Regno Unito e gli Stati Uniti sono intenzionati a trattare con i talebani per un'estensione delle operazione di evacuazione oltre il 31 agosto. E ancora prima del G7 di oggi, ieri nel corso di una telefonata il presidente americano Joe Biden e il premier britannico Boris Johnson hanno «concordato di continuare a lavorare insieme per garantire che coloro che hanno titolo per partire siano in grado di farlo, anche dopo la fine della fase iniziale dell'evacuazione». E anche Parigi si unisce alla richiesta. «È necessario più tempo per completare le operazioni in corso», dice il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian. C'è chi invece ha altre preoccupazioni. Come il presidente russo Vladimir Putin, che in una riunione in video del Csto, l'organizzazione per la sicurezza collettiva tra Russia e cinque ex repubbliche sovietiche, ha espresso timori per il fatto che il potere nelle mani dei talebani conduca alla «diffusione dell'islam radicale in Afghanistan» e quindi a minacce terroristiche.
Resta tesa la situazione all'aeroporto di Kabul. Ieri un nuovo scontro a fuoco tra le forze di sicurezza afghane e soggetti non identificati. Morto un membro delle forze di sicurezza afghane, tre i feriti. Nel conflitto coinvolti anche soldati americani e tedeschi.
L'unica piccola buona notizia è che presto potrebbero tornare a funzionare le banche in Afghanistan, grazie alla nomina di Haji Mohammad Idris a governatore ad interim della Banca centrale afghana. A lui il compito di mettere ordine almeno al caos economico e finanziario che si assomma a quello umano e politico.
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