Parte l'avventura politica di Stefano Parisi. Obiettivo dichiarato: trovare e liberare energie per «riaccendere il Paese». «Energie per l'Italia», dunque, è il nome della conferenza programmatica fissata a Milano per il 16 e 17 settembre. Ma le parole d'ordine della sua sfida l'ex candidato sindaco le ha squadernate ieri al San Carlo, nella «riunione operativa» che è diventata prova generale della sua «Leopolda» di via Watt (che sarà ospitata al «Megawatt» che darà il nome all'evento).
Energie per l'Italia, quindi. Ed energie per il centrodestra. «Vogliamo dare il nostro contributo» ripete Parisi. «Idee per il Paese». E ha mente di farlo insieme al centrodestra, soprattutto col suo cuore liberale e popolare. È il popolo di centrodestra l'interlocutore prescelto, quello cui l'ex direttore di Confindustria si rivolge costantemente, ed è la base del centrodestra che ieri ha riempito il piccolo teatro del centro nonostante il clima ancora vacanziero di Milano. In platea la gran parte dei candidati della sua lista civica, molti elettori e militanti di Forza Italia, qualche dirigente politico locale, per lo più azzurro o centrista. «Non sta nascendo un nuovo soggetto politico - assicura Parisi - non stiamo costruendo un partito. Non siamo contro i partiti che ci sono e non vogliamo togliere spazio a nessuno». «La politica - avverte però - rischia di morire se guarda a se stessa, è autoreferenziale e teme il rapporto con la società e con la realtà». Scalda i motori, Parisi, e la destinazione oggi è più chiara: un «luogo oltre i partiti» ma non contro, una piattaforma di idee che sia alternativa a Pd e a Movimento 5 Stelle e porti avanti un «programma di governo credibile».
Lo stile è quello visto a Milano: rassicurante, ironico, colloquiale. Parisi ha molto chiaro ciò che la sua sfida non deve essere. Bando alla tentazioni tecnocratiche ed elitarie, intanto: «Noi non facciamo Scelta civica» chiarisce, «né un luogo di raccolta di partiti nati e poi staccatisi» (leggi Ncd). «Io non credo nelle forze politiche che nascono con il consenso della stampa ma non hanno il consenso della gente». L'orizzonte è ambizioso: «Riteniamo che serva una stagione che rafforzi, rilanci le idee di Silvio Berlusconi». «Da quelle radici si parte» conferma. Dal 1994. Quelle radici, i suoi stessi sostenitori le richiamano più volte durante le domande. Il centrodestra che immagina è «liberale e popolare», «poi - spiega - si vedrà come si alleerà con altre componenti del centrodestra. Se dovessi partire dalla coalizione commetterei uno sbaglio». Nessun veto alla Lega e alla destra, dunque, ma un motore moderato che guarda anche al centro, e ai tanti delusi da Matteo Renzi, senza cadere nella tentazione dell'inciucio. «Stupidaggini», così liquida le ipotesi su una sua possibile strategia tesa all'accordo con il Pd. «La logica è quella dei contenuti, non dell'alchimia» garantisce. E corrobora l'affermazione con una massiccia dose di critiche al governo Renzi. Su scuola, Jobs Act, politica estera: «La nostra presenza a Bruxelles è diventata più debole» attacca. «I risultati - constata - sono quelli che sono. Parla di «riforme false», «mezze riforme», «risultati economici negativi risultati occupazionali drammatici». Mette il dito nella piaga milanese di un'emergenza immigrazione che Renzi negava fino a pochi mesi fa.
E conferma il No al referendum costituzionale: «Ma non è un ok corral sul governo». Propone la Costituente. E anche la ricetta per far ripartire il Paese è tutta liberale: «Lasciate liberi gli italiani, le loro imprese, i loro sogni».
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