Ci hanno creduto fino in fondo, poteva essere il primo record europeo: un Parlamento con piú donne che uomini. L'Islanda ha accarezzato il sogno fino a ieri sera quando è arrivata la doccia fredda: un riconteggio ha strappato in poche ore al Paese la palma di primo Paese europeo con una Camera con una maggioranza assoluta di donne sugli scranni. Ingi Tryggvason, presidente della commissione elettorale islandese, ha spiegato a France Presse che un nuovo scrutinio ha modificato gli equilibri in una delle sei circoscrizioni del Paese, dove tre seggi inizialmente assegnati a donne sono passati a uomini. Dei 63 seggi dell'Althing, dopo il riconteggio, 33 risultano assegnati a uomini e 30 a donne, una situazione ribaltata nel confronto con i dati precedenti. Sarebbe bastato pochissimo, per confermare il paese all'avanguardia mondiale nella gender equality e nel ruolo pubblico delle donne.
Tra i più virtuosi, anche la Svezia che si avvicina di più e supera con il 47%, secondo i dati della Banca Mondiale. Cinque altri paesi del mondo hanno attualmente parlamenti in cui le donne detengono almeno la metà dei seggi, secondo l'Unione interparlamentare: Ruanda con il 61% di donne, Cuba con il 53%, Nicaragua 51% e Messico ed Emirati Arabi Uniti entrambi con il 50%.
A differenza di altri paesi, l'Islanda non ha quote legali sulla rappresentanza femminile in parlamento, anche se alcuni partiti richiedono che un numero minimo di candidati siano donne. L'Islanda è stata a lungo un pioniere nell'uguaglianza di genere e nei diritti delle donne, ed è stata in cima alla classifica dei paesi più egualitari del World Economic Forum negli ultimi 12 anni. Offre lo stesso congedo parentale a uomini e donne, e la sua prima legge sulla parità di retribuzione tra uomini e donne risale al 1961. L'Islanda è stato il primo paese ad eleggere una donna come presidente nel 1980, e dal 2018 ha una legge pionieristica sulla parità di retribuzione che impone ai datori di lavoro di dimostrare che stanno pagando lo stesso salario a uomini e donne.
Le elezioni di sabato hanno visto il governo di coalizione sinistra-destra allargare la sua maggioranza. Tuttavia, il Movimento Verde di Sinistra del Primo Ministro Katrin Jakobsdottir è emerso indebolito, mentre i suoi partner di coalizione di destra hanno ottenuto forti risultati, mettendo in dubbio il suo futuro come primo ministro. Non c'è stato l'atteso crollo politico e personale della premier Jakobsdóttir, ma quasi. «È andata bene per la causa delle donne, ma non nascondiamocelo, noi verdi di sinistra siamo andati male, abbiamo perso seggi», ha commentato la premier. Verdi di sinistra e partito dell'Indipendenza hanno ripetuto prima del voto che avrebbero avviato profondi e se necessario anche lunghi negoziati sulla prosecuzione della coalizione. Ma a questo punto non è piú sicuro che Jakobsdóttir resti premier. Se sarà confermata, sarà indebolita. E Benediktsson teoricamente ha le mani libere e potrebbe pensare a proporre coalizioni alternative con chi vuole, qualsiasi partito minore o la destra.
Con riforme e sacrifici dolorosissimi e spietati processi ai bancari speculatori, e nuove leggi e tasse, il Paese si è rimesso in piedi, tornando grazie al
turismo e ai settori tradizionali come la pesca e armatori alla crescita. Anche la sfida al Covid è stata affrontata con esito anche se il lockdown ha fatto crollare le entrate del comparto turistico, locomotiva dell'economia.
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