Paternalismo, ritardi e comunicazione senza garbo. Il lato oscuro del contismo che non ci mancherà

Se la maggioranza resta l'attuale, le politiche non cambieranno. Ma magari potremmo dire addio (senza rimpianti) a Cdm notturni, dirette Facebook, rinvii dei problemi, orari sballati

Paternalismo, ritardi e comunicazione senza garbo. Il lato oscuro del contismo che non ci mancherà

Coincidenza artistica, a cantare «come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare» è Fiorella Mannoia, che fu la più grillina delle cantanti. Pare di sentirlo il CamaleConte (copyright del politologo Massimiliano Panerari) che la fischietta mentre sale le immutabili scale del Quirinale. Nessuno può negare che il premier uscente abbia dimostrato abilità trasformistiche fuori dal comune.

Orgoglioso sovranista al primo giro di Chigi, antifascista ambientalista al secondo, lo si attende democristiano europeista al terzo, se dovesse funzionare il progetto centrista il cui parto finora ha incontrato qualche difficoltà di Travaglio. Ma non è detto: se la maggioranza nascesse con forze diverse, c'è da aspettarsi che per Conte una nuova mutazione non sarebbe un problema. In fondo tutti hanno diritto a un avvocato, no?

Se sarà Conte Ter con il rinforzino centrista, di cambiamenti veri (meno statalismo, più efficacia, meno mancette, uno straccio di visione per il Paese) non c'è da aspettarsene. Se invece il premier tornasse alla professione legale o si reincarnasse in una nuova veste, non resterebbe che sperare di veder sparire almeno gli aspetti più deteriori del «Contismo», quelli che proprio non ci mancheranno.

Vedi alla voce orari: l'addio ai consigli dei ministri in notturna (altro che streaming) farebbe felici i giornalisti, ma anche chi ha a cuore un minimo di garbo istituzionale. Così pure le comunicazioni al Paese rinviate di ora in ora, con gli italiani costretti a drogarsi di maratonementana e ad attendere fino all'ora dei tiggì per sapere se il giorno dopo si esce di casa. Che strazio, presidente.

Del resto la tendenza al rinvio come metodo è un'altra delle caratteristiche più contiane, attribuibili probabilmente all'attitudine da mediatore. Tirare in lungo i conflitti è una delle strategie più usate in campo legale. Quando si tratta di governare, vedi Autostrade, Ilva o la legge elettorale, è però un modo per paralizzare il Paese e lasciar marcire i problemi.

C'è poi la questione trasparenza: gli uomini del fare di Conte, da Arcuri a Tridico, hanno gestito partite delicatissime e valanghe di miliardi con una patologica mancanza di trasparenza. Idem per i dati della pandemia, da sempre nascosti alla comunità scientifico.

Ma il terreno più scivoloso per Conte è sempre stata la comunicazione, tanto che in queste ore c'è chi dice, forse esagerando, che qualche leader non abbia posto il veto sul nome di Conte, ma su quello di Rocco Casalino. Il caso Trump ha rivelato quanto sia delicato l'uso dei social personali da parte di un presidente in carica. Proprio come l'amico «Giuseppi» (a proposito, anche questa storpiatura non ci mancherà) The Donald ha sempre preferito l'account Twitter personale a quello istituzionale, facilitando la censura. Proprio come Trump, Conte usa pressoché esclusivamente l'account Facebook personale, mescolando comunicazioni istituzionali e propagandistiche. E gonfiandolo di follower, pratica che suscita perplessità e sgradevoli incidenti, come la pubblicazione di un manifesto anti-renziano, cancellato e goffamente giustificato con la storiella dell'attacco hacker. Ecco perché ieri è apparso credibile che Conte tardasse a salire al Colle per girare un video di commiato.

Infine non avremo nostalgia del paternalismo contiano, straripato durante la pandemia e

diventato legge, anzi Dpcm, troppi Dpcm. Quel continuo parlare delle libertà personali non in termini di diritti, ma come un papà bonario che rimbrotta i figli adolescenti. Tolti questi difetti, sarebbe già tutto un altro Conte.

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