Patto di Stabilità, l'addio all'austerity non è impossibile. Asse Spagna-Italia contro la Germania

La parola d'ordine è landing zone (zona di atterraggio) che nello slang di Bruxelles significa compromesso

Patto di Stabilità, l'addio all'austerity non è impossibile. Asse Spagna-Italia contro la Germania
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La parola d'ordine è landing zone (zona di atterraggio) che nello slang di Bruxelles significa compromesso. La nuova bozza di proposta legislativa sulla riforma del Patto di Stabilità, messa a punto dalla presidenza di turno spagnola, cerca infatti di dare un colpo al cerchio dell'austerity e un altro alla botta della crescita.

La ministra delle Finanze di Madrid, Nadia Calviño, ha proposto di salvaguardare l'impegno chiesto dalla Germania di tagliare il debito dell'1% circa del Pil ogni anno che per l'Italia equivarrebbe a uno sforzo da 8 miliardi l'anno con un piano settennale di rientro o da 15 miliardi se si scegliesse una traiettoria quadriennale di abbassamento del disavanzo. Sono previsti tuttavia degli escamotage, indicati come «periodo di transizione» che, di fatto, estenderebbero automaticamente a sette anni il percorso di rientro.

La trattativa, che è ripresa ieri a Bruxelles nel corso dell'Eurogruppo e proseguirà nell'Ecofin di oggi, verte sulle modalità di «transizione». La proposta iniziale della Spagna prevedeva l'esclusione degli investimenti in difesa e nella transizione green e digitale dal calcolo del deficit. Ma questa ipotesi non era piaciuta al ministro delle Finanze tedesco, il rigoroso liberale Christian Lindner. Al momento, si cammina su due binari. A fronte di un impegno alla riduzione del deficit e del debito Spagna, Italia e Francia chiedono che l'Ue non obietti troppo né su ciò che concerne l'attuazione dei singoli Pnrr né su eventuali sforzi aggiuntivi per Ucraina e Medio Oriente.

La soluzione alternativa è, invece, rappresentata dall'abbassamento di uno 0,5% annuo del rapporto deficit/Pil (per l'Italia sarebbero all'incirca 9 miliardi di euro di aggiustamento annui) in cambio di minore rigidità sull'evoluzione del rapporto debito/Pil. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, è fiducioso nel raggiungimento di un buon compromesso. È improbabile, tuttavia, che l'intesa sia raggiunta oggi e si continuerà a trattare fino alla fine dell'anno.

In caso contrario, come ha ricordato ieri il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, «se non si raggiungerà un accordo sulle nuove regole, tornano in vigore quelle precedenti», cioè l'obbligo di non superare il tetto del 3% di deficit/Pil ogni anno (l'Italia nel 2024 sarà al 4,5%) e di ridurre del 5% di Pil ogni anno il debito per riavvicinarlo alla soglia del 60% (l'Italia è al 140%). «È essenziale raggiungere quanto prima un accordo generale in seno al Consiglio per avere al più presto un nuovo quadro di regole che risponda alla realtà attuale e alle esigenze dei diversi Paesi», ha spiegato Calviño.

Il tema principale dell'Eurogruppo di ieri era, come al solito, la situazione economica che per l'area della moneta unica resta molto incerta anche se, al momento, «non si prevede una profonda recessione», ha dichiarato il presidente dell'organismo Paschal Donohoe. La settimana prossima saranno pubblicate le previsioni d'autunno, mentre il 21 novembre la Commissione darà le pagelle alle leggi di Bilancio dei singoli Paesi. L'Italia sembra collocata in buona posizione.

«Valuteremo il progressivo ritiro dei sostegni energetici, il calo della spesa primaria (quella italiana cresce causa aumento dei tassi d'interesse; ndr) e gli investimenti pubblici», ha detto Gentiloni. Bruxelles, insomma, continuerà a navigare a vista.

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