Un giro tra i dannati del doppio mandato. Alle prese con calcoli, numeri, suggestioni sul meccanismo di ripescaggio dei cosiddetti «meritevoli», i superstiti che potranno essere candidati di nuovo per un seggio in Parlamento. Si prevede una decimazione della truppa, complice il taglio dei parlamentari e i sondaggi in discesa rispetto alle elezioni politiche del 2018. Calcolatrice alla mano, fioccano le previsioni. C'è chi stima che degli attuali 237 parlamentari grillini ne rimarranno solo una trentina al prossimo giro. Per effetto anche del repulisti che starebbe preparando il neo-leader Giuseppe Conte. Conte è deciso a rinnovare la classe parlamentare inserendo fedelissimi pescati dalla società civile. E per perseguire questo obiettivo, il tetto dei due mandati può rivelarsi utile. Tocca solo mediare con i big. I vari Luigi Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna, più alcuni attuali e passati ministri dei governi gialloverde e giallorosso. Sommersi tanti, salvati pochi. Così la deroga per i meritevoli agita le acque, già al solito increspate, dei gruppi parlamentari stellati. «Come saranno calcolati questi meriti?», si chiede con Il Giornale un parlamentare al secondo mandato. Presenze, produttività, oppure «saranno assicurati posti solo agli esponenti di governo», insinuano i più maliziosi del gruppone di quasi 300 eletti tra Montecitorio e Palazzo Madama. Diverse fonti interne al M5s riportano la preoccupazione per possibili fughe in avanti da parte di chi sente spacciato e mira soltanto a conservare la parte dello stipendio destinata alle restituzioni. Nei prossimi mesi, con una conferma della deroga al limite dei due mandati solo per pochi big, c'è il rischio concreto di numerose defezioni. Tra gli approdi più appetibili sicuramente Fratelli d'Italia, soprattutto per i tanti eletti meridionali. Ma anche il Pd, per i grillini più vicini alle sensibilità di centrosinistra. In tanti pensano che se i «meritevoli» venissero scelti dagli attivisti sulla nuova piattaforma, potrebbero innescarsi meccanismi correntizi e di «cordate». Scenari che non farebbero altro che favorire i cosiddetti big. Ma d'altronde Conte ha poche scelte davanti a sé. Un condono tombale sul no al doppio mandato provocherebbe la rivolta dei parlamentari al primo mandato, ansiosi di giocarsi le loro chances per la rielezione. Mentre una blindatura rigida della regola, senza deroghe, avrebbe come conseguenza una guerra tra il gruppo dirigente e il nuovo capo politico. Una situazione difficile da gestire per Conte, una coperta sempre troppo corta. In uno scenario del genere, l'eccezione per i meritevoli rappresenta il male minore per la leadership contiana.
L'ex premier sta rispolverando le sue doti da mediatore, sviluppate a Palazzo Chigi, prima con la Lega, poi con il Pd e i renziani. Prepara un «consiglio nazionale» con nomine fatte con il bilancino per le correnti e una quota di componenti scelta online dagli attivisti. Non scontentare nessuno. Nemmeno quel Garante che sarà ridimensionato dal nuovo Statuto e che è stato mandato da solo venerdì all'incontro con l'ambasciatore cinese a Roma Li Junhua.
Lo stesso Beppe Grillo che, dopo le pressioni del gruppo dei big, ha stoppato l'idea di Conte di cambiare il nuovo simbolo del M5s. L'avvocato avrebbe voluto abbellirlo con un riferimento alla sua persona, invece sarà aggiunto solo il 2050.
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